Non chiamatele lauree deboli. In azienda gli umanisti contano

Archeologi, filosofi e storici dell’arte spesso vengono trattati alla stregua di persone che hanno sbagliato percorso di studi, senza speranza di trovare un mercato per la propria specializzazione, che spesso richiede molti anni. Ma non è così. Ci sono diversi percorsi aperti a queste figure professionali, che i luoghi comuni vogliono destinati a posti di lavoro pubblici come scuole, università e sovrintendenze

Cominciamo da quello forse più impegnativo, anche fisicamente. L’archeologo, contrariamente a quanto si crede, ha una committenza principalmente privata, a quanto si vede dal report “Professione archeologo” pubblicato da Confederazione Italiana Archeologi. Anzi, una larga fetta è composta da liberi professionisti: il 43% dei casi è titolare di una partita Iva. Chi invece lo fa full time nel 31% dei casi lavora per le società archeologiche e al 5,9% per società private. Questo caso riguarda in particolare l’archeologia preventiva, disciplina che si applica in particolar modo alla costruzione di infrastrutture. Per quello società come Anas, Italgas e Italferr usano gli archeologi per risparmiare tempo nei lavori di realizzazione. Analizziamo Italferr: dal 1996 è stata la prima azienda di questo tipo a decidere di dotarsi di uno staff a tempo pieno. In questo modo prima si studia il territorio interessato dai lavori per verificare l’esistenza di testimonianze archeologiche e poi si procede per ottenere i necessari permessi. E le opportunità non mancano: Anas ha da poco ultimato la selezione per quattro archeologi assunti a tempo indeterminato. 

Per quanto riguarda i filosofi riuniti della società Pragma, invece, il loro campo è quello della strategia aziendale per aiutare gli imprenditori a decidere le scelte migliori nel campo del business. Spiega Elena Paccagnella, consulente filosofico: «Il nostro lavoro è aiutare i manager e le imprese a capire quali valori e quali elementi di differenziazione hanno in più rispetto agli altri. Solo capendo chi sono possono procedere con una visione chiara». Queste discipline, che si possono applicare anche agli ambiti ospedalieri e scolastici si definiscono pratiche filosofiche. Un’azienda come la Pelliconi di Ozzano dell’Emilia produce tappi per bottiglie di birra e bibite gassate. Non ci si aspetterebbe mai che realizza al proprio interno corsi di filosofia. Come spiega l’amministratore delegato Marco Checchi: «Sono laureato in antropologia culturale e ritengo che le discipline umanistiche diano idee migliori ai manager. In alcuni casi gli ingegneri arrivano sempre alla stessa soluzione».

Per quello che riguarda gli storici dell’arte, la figura dell’art advisor unisce quelle di un critico d’arte con quelle dell’analista finanziario. Concepita nel 1979 negli Stati Uniti all’interno di Deutsche Bank, da allora sono state accumulate più di 50mila opere d’arte. Adesso il servizio è anche utilizzato dalla clientela della gran parte degli istituti di credito italiani, sia che sia collezionista sia che si trovi ad ereditare delle opere d’arte delle quali non conosce l’esatto valore. Nella maggior parte dei casi l’art advisor lavora come freelance, ma in Italia ci sono anche agenzie, come Art Find, società online specializzata nel mercato dell’arte, The Association of Professional Art Advisors, organizzazione che raggruppa professionisti indipendenti. Sempre più spesso stanno emergendo nuove forme di gestione di questa professione, come N-C Art Advisory, che offre ai propri clienti, quali imprese, banche e compagnie assicurative, servizi di consulenza e di assistenza  nel settore dell’arte, nei settori antico, moderno e contemporaneo.

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