Carel e le sue HR: l’eccellenza come ecosistema umano e sostenibile, ad alto contenuto tecnologico

CAREL Industries è una multinazionale italiana che dal 1973 progetta, produce e vende hardware e software per la gestione di impianti di condizionamento dell'aria, refrigerazione, umidificazione ed evaporative cooling.
Con una rete di 38 filiali in tutti i continenti, 15 stabilimenti e laboratori di ricerca e
quasi 3.000 dipendenti, l’impresa veneta propone soluzioni d’avanguardia per il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale. Ogni anno il 6% del fatturato consolidato è reinvestito in Ricerca e Sviluppo.

Per conoscere meglio Carel, la sua organizzazione d’impresa, e come attrae e valorizza i suoi talenti, abbiamo posto alcune domande a Carlo Vanin, Chief HR & Organization Office di Carel.

Dottor Vanin, l’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità è sempre stata importante per Carel, ma oggi l’emergenza ambientale obbliga ad agire, ed è di certo una priorità. Quali azioni avete attivato per contrastare il cambiamento climatico?
Progettare prodotti e soluzioni che aiutino le nostre aziende clienti a ridurre l’impatto climatico dei propri prodotti e delle proprie soluzioni, è parte integrante del nostro core business.

Per la nostra clientela, dotarsi di macchinari, strumenti e componenti che riducono il consumo di energia è un fattore fortemente abilitante, non solo per l’impatto climatico, ma perché un minor consumo di energia significa un saving economico.
A nostra volta, poi, cerchiamo di avere un’attenzione spiccata verso l’utilizzo delle risorse, ad esempio investiamo sull’utilizzo di energia da fonti rinnovabili, siamo molti attenti al consumo dell’acqua, abbiamo diverse certificazioni.
Da quando l’azienda si è quotata in borsa, questa attenzione ha preso una fortissima accelerazione, perché abbiamo l’obbligo del bilancio di sostenibilità nella dichiarazione non finanziaria. Il nostro piano di sostenibilità ha individuato una serie di aree di impegno tra cui le politiche ambientali, che diventano oggetto di azioni concrete. Stiamo per annunciare un piano per la decarbonizzazione che accompagnerà i prossimi anni di lavoro proprio per diminuire la footprint, l’impronta carbonica delle emissioni di CO2 in atmosfera.

Questo impegno si traduce anche in una ricerca di profili specifici?

Il tema dell’ambiente lo identifichiamo soprattutto con la ricerca di competenze e profili ingegneristici. Oggi molti atenei offrono profili ingegneristici che maturano competenze focalizzate sull’ambiente, l’inquinamento, la sicurezza e così via. Cerchiamo soprattutto su alcuni dipartimenti di staff, legati agli uffici di Compliance e all’ambito HSE (Health, Safety & Environment, ndr), profili e competenze che non sono facili da trovare sul mercato ma che sono i più richiesti.

Quindi il cosiddetto Talent Shortage, la carenza di talenti adatti, è un fenomeno che riscontrate anche voi? Come potrebbe aiutarvi in tal senso il sistema dell’Istruzione?
L’argomento è attualissimo, lo è da diversi anni e credo che lo sarà nei prossimi. Noi ce ne siamo accorti intorno al 2016, 2017, ben prima del Covid, anche se la prima fase della pandemia ha acuito in maniera significativa la mancanza dei talenti. Un’azienda come Carel ha una sociografia estremamente qualificata, circa il 70% della nostra popolazione lavorativa è composta da white collars. Parliamo di circa 3.000 persone a livello di gruppo, e di questi quasi il 70% sono laureati, in prevalenza ingegneri e dottori in materie tecnico-scientifiche.

Abbiamo trovato difficoltà nel reclutare i talenti in quasi tutti i Paesi. Come affrontare questo fenomeno? Essendo trasversale a tutte le industry non c’è un’azienda che possa dire di non conoscerlo: il rischio è di competere facendo leva sui classici aspetti salariali o sulle condizioni di lavoro. Ad esempio, in termini di offerta c'è stata una massiccia diffusione della flessibilità e dello smart working, l’abbiamo fatto anche noi. D'altro canto, più in generale, credo che sia essenziale riprogettare le strutture organizzative e definire processi impiegatizi, produttivi, logistici capaci di efficientare. Da questo punto di vista l'evoluzione tecnologica dell’IA può aiutare molto, quando i talenti non si trovano.

Per inserire le giuste risorse invece è utile la collaborazione con il mondo delle università e degli istituti professionali. Noi ci siamo associati anche ad alcuni ITS del Veneto, ad esempio, e probabilmente dovremmo uscire dalla Regione per attingere a un bacino ancora più ampio.
Teniamo presente però che la scuola ‘prepara’, spesso, bene, ma niente può sostituire la parte formativa dell’azienda. Per questo abbiniamo collaborazioni con le università anche per le nostre academy interne. Sappiamo che la prima cosa da fare, quando un giovane arriva da noi, soprattutto se è un neo laureato o diplomato, è proseguire nella formazione.

La centralità delle persone è un principio guida del vostro Carel Culture Code (CCC). Le richieste e i bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici sono mutati: flessibilità, benessere fisico e mentale sono solo alcuni dei fattori necessari per attrarre e trattenere i talenti. Quali iniziative avete implementato per rispondere alle esigenze delle vostre persone? Cosa prevedono il vostro piano Welfare e la vostra strategia di Employee Engagement?
Considero entrambi due fiori all’occhiello dell’azienda. Ogni azienda ovviamente tende a promuovere la propria modalità, la propria offerta rendendola distintiva rispetto alle altre. Quello che noi cerchiamo di fare dal 2017, proprio per effetto dello shortage di cui parlavo, è di lavorare su due aspetti.
Il primo, il piano Welfare, consiste nel creare un ‘ecosistema’ aziendale, in cui vi siano, in maniera equa e innovativa, le migliori condizioni di lavoro per tutti i dipendenti e i collaboratori. Condizioni che sono un insieme combinato di molti elementi di welfare. La flessibilità, la possibilità di lavorare da remoto, i contributi per le famiglie per i figli, le borse di studio per i meritevoli, tutte condizioni che supportano l’offerta dell’azienda verso un miglior bilanciamento di vita e lavoro dei dipendenti.

A questo approccio cerchiamo di unire altri due aspetti nella sfera dell’Employee Engagement: il primo è il miglioramento dell’ambiente di lavoro, inteso proprio come gli spazi all’interno dell’azienda. Ci teniamo a non ‘spersonalizzare’ il ruolo dell’azienda, con migliaia di lavoratori che lavorano da remoto e finiscono per non conoscersi se non via video. È invece importante far recuperare alle persone la voglia di entrare in ufficio e disporre di ambienti che favoriscano le relazioni e la socializzazione. Quando entro in ufficio posso anche fermarmi in un salotto e parlare con i miei colleghi, avere un momento di svago, o di raccoglimento. Il secondo è lo stile di management, la cultura che contraddistingue le relazioni tra persone e staff. Carel è un’azienda informale, dove tutti possono parlare con tutti, senza bisogno di appuntamenti. Siamo open doors, come si dice, porte aperte a tutti, e ci diamo del tu; la nostra cultura è legata ai task, agli obiettivi, ma è tollerante verso l’errore, verso lo sbaglio e il ‘riprovare’. Una cultura accogliente e inclusiva, poco giudicante e molto aiutante. Questo è il percorso che conduciamo da tempo, e devo dire che ci sta premiando in un mercato del lavoro estremamente difficile.

Ha accennato allo smart working e al rientro in ufficio. Il tema del lavoro ibrido è tuttora aperto e sentito e le posizioni delle aziende sono diverse. Dopo la pandemia quali opzioni avete adottato: lavoro ibrido, smart working, rientro in ufficio? Qual è la principale esigenza emersa tra i vostri lavoratori?
Più che ricorrere allo smart working come strumento, abbiamo cercato di concedere una flessibilità autogestita. Secondo noi ciò che serve alle persone non è tanto lavorare da casa o da dove vogliono, perché in effetti lo smart-working prevede che si possa lavorare più o meno ovunque; conta più il fatto che chi lavora possa decidere quando e in quali contesti. Con la massima flessibilità, senza bisogno di pianificare, preordinare, schedulare, informare i colleghi o il capo. Negli anni della pandemia, abbiamo scoperto che i tool digitali permettono di svolgere da remoto pressoché qualsiasi attività lavorativa impiegatizia. Oggi quindi il valore non è tanto “Lo faccio da casa” ma “Lo faccio come voglio io”, una gestione flessibile e autonoma dei tempi di lavoro. Allo stesso tempo, però, non vogliamo dimenticare che esiste un ufficio fisico dove si possono creare relazioni più fitte con i colleghi. Noi ci puntiamo molto, lo ripeto, proprio perché siamo un’azienda ad alta vocazione tecnologica. Molte delle intuizioni e delle idee più significative nascono quando ci si incontra fisicamente con i colleghi e con i propri responsabili, magari davanti alla macchinetta del caffè, piuttosto che in una videocall. Garantiamo a tutti i dipendenti almeno due giorni a settimana di lavoro da remoto; nello specifico, abbiamo applicato un concetto chilometrico. In funzione della distanza dal luogo di lavoro, la quota di smart può aumentare fino a cinque giorni a settimana, ovviamente creando delle occasioni per cui almeno saltuariamente tutti riescano a venire in sede.

La formazione continua è un tassello fondamentale un settore ad alta componente tecnologica. Quali percorsi di formazione mettete a disposizione delle vostre Persone per garantire il costante aggiornamento delle loro competenze? Come funzionano le Academy interne?
A livello formativo, in Carel abbiamo tre momenti distinti. Nei primi sei mesi di ingresso di un talento in azienda eroghiamo un piano strutturato di onboarding e induction. Vale per tutti, quale che sia la qualifica, il ruolo ricoperto, il dipartimento di appartenenza e così via. Dedichiamo un tempo adeguato a spiegare l’azienda, chi siamo e cosa facciamo, informazioni legate al business e di natura commerciale: dove operiamo, chi sono i nostri clienti e quali sono i vantaggi nell’acquisire i nostri servizi e la nostra componentistica. Siamo molto attenti al tema della sostenibilità, così come a trasmettere la nostra cultura aziendale.
Il primo giorno di onboarding è anche un’occasione per far conoscere il management dell'azienda. Trasmettiamo anche tutte le informazioni relative all’approccio lean che Carel utilizza. Come azienda abbiamo sposato la lean transformation già agli inizi degli anni 2000, e oggi abbiamo un’organizzazione che si muove snella. In più di vent'anni siamo quintuplicati, in termini di dimensioni, ma abbiamo conservato di proposito questa organizzazione con processi snelli, molto reattiva e integrata con tutta una serie di tool.

Esaurito l’onboarding, dall’inizio del secondo anno comincia il percorso che prosegue per il resto dell'esperienza lavorativa. Una formazione continua che ha due grandi ambiti di sviluppo, il primo dei quali è la nostra Academy tecnologica.
Abbiamo inaugurato il nostro nuovo knowledge center, un edificio high tech che funziona da scuola, con sala convegni, classi multimediali e sale iper digitalizzate, dove di fatto noi formiamo ed eroghiamo servizi e formazione tecnologica, ai nostri dipendenti ma anche ai nostri clienti. Lo facciamo con formatori interni ma anche esterni; invitiamo spesso a parlare docenti universitari, esperti, imprenditori che portano le loro esperienze e rendono questa opera di contaminazione culturale importante.
Il secondo ambito, che deriva in modo diretto dalla nostra quotazione in borsa, è molto rilevante e riguarda le compliance, per le quali esistono specifici obblighi formativi, dalla gestione dei rischi alla Legge 231, dalla GDPR alla compliance anticorruzione. Al di là degli obblighi, per inciso, allineare l’azienda su tutte le norme vigenti è una necessità assoluta, un’attività importante e onerosa, perché richiede tempo e un grande commitment da parte dei trainer interni.

Nel 2008 Carel ha dato vita a Join the Future, un Graduate Program pensato per i giovani neolaureati. Come è nata l’idea? Cosa prevede il programma, e quante sono le persone entrate in azienda tramite questo percorso?

Join the Future è nato con l’intento di assumere giovani talenti neolaureati facendo fare loro, per prima cosa, un’esperienza biennale combinando approfondimenti di studio, formazione e lavoro concreto, per poi indirizzarli al meglio verso il loro ruolo all’interno dell’azienda. È un vero e proprio Educational Program, sviluppato totalmente da noi, ma fondato sulla fattiva collaborazione con le università. Una sfida e un investimento importanti, perché comunque si tratta di neolaureati che sono assunti da subito, ma di fatto alternano periodi di studio e di immersion per almeno due anni. Abbiamo collaborato con l'università di Padova, con il Politecnico di Milano, con l’università di Venezia, il CUOA di Vicenza. Abbiamo una lunga serie di occasioni formative sia con docenti interni che esterni, che offrono la possibilità, oltre alla formazione, di fare esperienze immersive di un paio di mesi: nel primo anno ruotando almeno due dipartimenti dell’azienda, e nel secondo all’estero, in una delle nostre filiali o delle nostre plant. Altri due mesi sono dedicati ad un project work finale da presentare alla nostra direzione.

Siamo arrivati alla sesta edizione, perché il programma si attiva ogni due anni; durante il Covid abbiamo dovuto interromperlo, però è un aspetto qualificante anche per l'attenzione che diamo alla popolazione giovanile, al tema dei cosiddetti high potential. Dalla prima edizione sino a oggi, in totale, abbiamo selezionato circa una cinquantina di neolaureati; li abbiamo cercati in modo trasversale, non soltanto ingegneri, ma anche dottori in economia, in statistica, psicologi, perché abbiamo bisogno di allargare la base di competenze, non solo quelle puramente tecniche ma anche quelle più soft o umanistiche.


Diversity, Inclusion e Gender Gap sono aspetti importanti per chi si occupa di gestione di Risorse Umane. Qual è l’esperienza di Carel? E Quali sono gli obiettivi per i prossimi anni?
Storicamente Carel ha sempre avuto un gap considerevole, dal punto di vista della presenza femminile. Questo perché, come dicevo all’inizio, le figure che più ricerchiamo hanno una competenza e una qualificazione di tipo ingegneristico. Purtroppo in italia il numero di donne ingegnere è, sul totale dei laureati annuali, poco sotto il 20%. Ciò significa che il bacino al quale attingere per i profili che ci interessano è limitato, rispetto al mondo femminile. Negli scorsi decenni si è creato un gap importante e, solo negli ultimi anni, ci accorgiamo di quanto avere una popolazione di genere in prevalenza maschile di fatto possa rappresentare un limite, e viceversa sia necessario portare a bordo sensibilità e attenzioni diverse, utili anche per lo sviluppo del business. Quello che a me piace sottolineare, tuttavia, è che questo tema è stato approcciato e definito in maniera molto seria e strutturata all'interno del nostro piano di sostenibilità, e ha un fortissimo commitment da parte dei vertici aziendali, a cominciare dal nostro AD, che nel 2021 ha fissato target progressivi davvero sfidanti. Nel primo anno di impegno, abbiamo cercato di selezionare e assumere almeno il 25% di neolaureate ingegnere donne, nel secondo almeno il 30%, dal terzo anno almeno il 35%, e così via. A livello di gruppo in Carel, vista anche la nostra crescita in termini di business, assumiamo circa 120/140 persone e assumere il 25-35% di ingegnere anno su anno non è poco.

Stiamo facendo un lavoro enorme, di presenza di attenzione, per creare le condizioni migliori per la popolazione femminile di Carel, che ovviamente ha caratterizzazioni diverse da quelle maschili, specie riguardo le necessità di bilanciamento rispetto alla vita personale e familiare. Ancora non abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati, ma ci siamo avvicinati e abbiamo ulteriormente rafforzato la volontà di continuare su questa strada. Quest’anno lanceremo il nuovo piano di sostenibilità triennale, 2024-2026, e il tema della gender equality dal punto di vista della presenza di personale femminile, della proprietà di ricoprire posizioni apicali, e della necessità di dare anche il giusto spazio, la giusta responsabilità alla popolazione di donne assunte, rappresentano esattamente il nostro impegno dichiarato sul mercato.

Non dimentichiamo poi che il tema della diversity non riguarda esclusivamente il tema di genere ma anche, ad esempio, quello delle diverse abilità. Io dico, e spesso non viene così evidenziato, che è anche un tema intergenerazionale. Dobbiamo saper coniugare tutte le generazioni, e fare attenzione perché la tecnologia e la nuova cultura digitale non diventino discriminanti soprattutto per le generazioni che fanno fatica a stare al passo. Anche questo pertanto è un tema di inclusion rilevante.

Nella sua interezza, il tema della diversity inclusion riguarda il genere, le diverse abilità, e la questione generazionale, una molteplicità eterogenea e ricca verso cui l’azienda deve porre un’attenzione importante, se non cruciale.

Chiudiamo parlando di iniziative di Corporate Social Responsibility. Da sempre Carel svolge un ruolo attivo di sviluppo e promozione delle comunità in cui opera. Ci dice qualcosa dei progetti per il sociale a cui siete più affezionati e orgogliosi?
Cerchiamo sempre di dare una fattività concreta ai nostri principi. Nel contesto del nostro patto di sostenibilità, abbiamo avviato una serie di iniziative, peraltro molto prima che si declinasse questa rilevanza a livello mediatico sul tema della sostenibilità dei parametri, dei target ESG (Environmental, Social and Governance). Sia in Italia che nel resto del mondo, ad esempio, cerchiamo sempre di coinvolgere nei nostri flussi e processi produttivi organizzazioni e cooperative che danno lavoro ai diversamente abili. Si tratta di concrete opportunità di lavoro ad alto contenuto tecnologico, e quindi di valorizzazione delle persone con diverse abilità, con grande soddisfazione anche da parte loro.

Uno degli esempi è la mensa, inaugurata nell’estate del 2023.
È molto bella, sembra un ristorante, piacevole da vivere; la cucina di ristorazione interna è stata affidata in appalto a una cooperativa: i pasti sono cucinati, veicolati e organizzati da persone diversamente abili. Una volta all’anno, poi, Carel invita a cena tutti i lavoratori della cooperativa che durante l’anno fanno da mangiare a noi; noi li sostituiamo dietro i banconi, in cucina, e serviamo ai tavoli. È un breve momento di scambio, tramite il quale esprimiamo la gratitudine verso queste persone e riconosciamo la loro bravura.

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