Podcast, non solo voce. Intervista a Jonathan Zenti

Podcast: chiunque oggi sembra farne uso, tutti sono in grado di indicare il proprio preferito e il mercato pare quasi saturo d’offerta. Ma come si costruisce un podcast? Chi si occupa della scelta narrativa, del montaggio delle musiche e della registrazione dell’audio? Lo abbiamo chiesto a Jonathan Zenti, la cui professione è appunto quella di audio podcast designer. Un ruolo nuovo, contemporaneo e per questo da scoprire. 

Partiamo da questo termine, audio podcast designer: cosa significa? Come definiresti il tuo lavoro? 

«Come audio podcast designer, produco contenuti personali e al tempo stesso curo progetti di terzi. Nel primo caso, sono quindi autore e direttore creativo, mi occupo della registrazione e anche delle musiche. Quando lavoro con altri, mi concentro soprattutto sulla progettazione del contenuto: la riuscita del prodotto dipende infatti dal percorso che si è scelto di intraprendere, dalla sua ideazione. Per questo ho scelto la parola designer, per il rimando al processo di progettazione che contiene, quasi si parlasse di un oggetto di arredamento o di un palazzo. Inizio sottoponendo al cliente numerose domande, per individuare esigenze, aspettative, ma anche difficoltà e problematiche. Costruisco poi i contributi narrativi, tracciando la strada per raggiungerli. Questo approccio flessibile mi permette di assemblare la squadra di lavoro a seconda della commissione: cerco di mantenere una rete di relazioni ampia, più vivida possibile, coinvolgendo le persone che ritengo più adatte in base al progetto».  

Sei entrato nell’universo dei podcast dopo esperienze in radio, alla regia: come si diventa audio podcast designer? C’è un percorso prestabilito? 

«Nel mio caso si è trattato di una combinazione tra una situazione forzata e una scelta consapevole: ho creato il mio primo codice XML per un podcast nel 2007, quando la radio pubblica decideva di non trasmettere più radiodrammi e documentari. Il podcast ha quindi rappresentato lo spazio per fare una cosa che altrove non si poteva fare, permettendo di distribuire contenuti audio alle persone indipendentemente dalle distanze. Mi sono avvicinato così al mondo dei podcast, scegliendo poi di dedicare particolare attenzione alla dimensione della direzione creativa, definendo così la mia identità. 

Non posso dire di conoscere il segreto del percorso per diventare audio podcast designer, quello che so è che oggi esistono delle occasioni formative che prima non c’erano: ci sono dei corsi e diverse scuole – purtroppo non a livello universitario, a mio avviso il contesto ideale. Per me è stato fondamentale l’apprendistato: rappresenta infatti un’occasione di mutuo scambio e permette di conoscere da vicino gli aspetti tecnici ed ingegneristici della professione».   

Cosa consigli a chi si sta avvicinando a questo tipo di professione? 

«Penso sia importante lavorare con gli altri, imparare da loro, aprendo le porte anziché chiuderle. Guardando alla contemporaneità dei tempi in cui viviamo, è necessario pensare in maniera orizzontale, abbandonando una certa logica verticale, piramidale. La struttura dei servizi digitali ci spinge a credere che ci sia un solo vertice a cui ambire, tralasciando il resto: si può invece creare un prodotto creativamente interessante ed economicamente vantaggioso lavorando sia con i big player che con soggetti indipendenti. Collaborare con tutti per costruire una solida piattaforma orizzontale, sostenibile nel tempo: questa è la mia prospettiva. Credo poi sia rilevante conoscere il mercato: è un’industria che si sta affermando e che quindi cambia molto velocemente. Saperne individuare le direzioni di sviluppo è fondamentale, in modo tale che progetti con una gestazione lunga, di sei mesi o più, si confrontino con un contesto noto, familiare in un certo senso». 

Come si ricerca l’equilibrio fra i vari elementi che compongono un podcast? 

«Rispetto ad altri linguaggi, l’audio è molto semplice, perché ha solo tre componenti combinabili: voce, suoni e musica. Questo permette di lavorare con un gruppo molto più snello, avendo a disposizione delle estensioni esplorative non indifferenti: la profondità narrativa e la sperimentazione sono maggiori. Quello che mi ha attirato poi dei podcast all’inizio è stata la distanza limitata che corre fra idea e prodotto finale: l’audio garantisce quasi sempre la possibilità di realizzare ciò che si immagina».  

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