Diversity & Inclusion per valorizzare le aziende

Lo scorso 12 aprile Maria Carmela Gioffrè, insegnante di lettere, pubblica sulla pagina Facebook dell’associazione Vorrei prendere il treno, una toccante testimonianza che la vede protagonista di un episodio di discriminazione sul luogo di lavoro: licenziata perché ritenuta non idonea alla professione a causa della sua disabilità.  

Maria è affetta da sclerosi multipla, nella sua lunga lettera aggiunge anche: la presenza di un insegnante con disabilità dovrebbe essere considerata un valore aggiunto perché dà la possibilità agli alunni di fare esperienza concreta di cosa significhi essere uguali nella diversità e che avere una disabilità, di qualunque genere, non è un ostacolo per vivere la propria vita e per realizzare i propri sogni”. 

Purtroppo la storia di Maria si aggiunge ai numerosi, troppi, casi in cui la disabilità e la diversità sono considerate un ostacolo invece di un’occasione per valorizzare l’inclusività e la cooperazione. Anche nell’ultimo rapporto sulla diversità e l’inclusione pubblicato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), le considerazioni non sono incoraggianti: un lavoratore su quattro non si sente valorizzato nel proprio posto di lavoro mentre tra quelli che invece si sentono valorizzati ci sono soprattutto i lavoratori che occupano le cariche più alte.   

Trasformare le aziende grazie alla diversità e all’inclusione 

Il rapporto dell’ILO dal titolo Trasformare le imprese attraverso la diversità e l’inclusione è stato pubblicato lo scorso 6 aprile. Coinvolge ben 75 paesi in cinque diversi continenti per un totale di 12.087 lavoratori. A differenza dei precedenti studi, che riguardavano esclusivamente le multinazionali occidentali e il punto di vista dei livelli più alti tra le gerarchie aziendali, questo studio allarga il campo all’intera forza lavoro, riportando la prospettiva di un gruppo con caratteristiche personali diverse, come età, disabilità, etnia, razza, religione, orientamento sessuale, identità di genere e persone che convivono con la malattia HIV.  

Tra gli aspetti più significativi emersi dal rapporto c’è il fatto che il livello occupato dal lavoratore all’interno dell’azienda è un fattore che influenza maggiormente la sua esperienza dell’inclusione rispetto al percorso personale e alle competenze maturate. Infatti, la piena inclusività e i benefici connessi per l’azienda (come l’aumento della produttività, il maggior compromesso da parte del lavoratore, l’innovazione e il benessere) sono prevalenti fra i lavoratori di livello più alto.  

Dunque, ammonisce lo studio, se l’inclusione resta un privilegio di cui possono beneficiare solo i lavoratori di più alto livello, le aziende rischiano di perdere i consistenti benefici che potrebbero ottenere se questa fosse invece alla portata di tutta la forza lavoro, indipendentemente dalle caratteristiche personali. 

Solo un terzo delle aziende misura il proprio livello di inclusività 

Per valorizzare la diversità in azienda non è sufficiente avere una forza lavoro eterogenea. Ľ inclusività, secondo quanto emerso dalla ricerca, è presente quando i lavoratori sperimentano equilibrio tra il senso di appartenenza e l’essere visti, compresi e valorizzati come individui, senza doversi nascondere o cambiare alcuni aspetti di sé per adattarsi al contesto lavorativo. 

Nonostante misurare il livello di inclusività sia fondamentale per avanzare in materia di Diversity & Inclusion, a farlo è solo un terzo delle aziende. Eppure numerosi studi confermano che un alto livello di diversità e inclusione nelle aziende è associato a un incremento della produttività, dell’innovazione e delle prestazioni. Va da sé quindi che essere capaci di misurare l’inclusione è la chiave per poter individuare tutte quelle azioni che permettono alle imprese di migliorare e raccogliere i benefici connessi alla D&I. 

«La pandemia da COVID-19 ha rivelato ed esacerbato le disuguaglianze nelle nostre economie e società. Un luogo di lavoro equo, diversificato e inclusivo è un fattore chiave di resilienza e ripresa» ha dichiarato Manuela Tomei, Direttrice del Dipartimento su Condizioni di Lavoro e Pari Opportunità dell’ILO. 

Best practices per migliorare l’inclusività aziendale 

Ma quali sono le migliori pratiche per sviluppare inclusività in azienda? Il rapporto dell’ILO individua quattro principi applicabili a livello mondiale: 

  1. Se l’inclusività è parte integrante dei valori, della strategia e della cultura di un’azienda, la sua forza lavoro percepisce più sostegno dal punto di vista dello sviluppo professionale e si sente più libera di esprimere le proprie opinioni su nuovi modi di fare le cose.  
  2. Quando i gruppi minoritari sono rappresentati ai livelli direttivi si crea un impatto positivo sull’inclusività dell’intera forza lavoro aziendale e un impatto ancora maggiore su quei lavoratori che appartengono ai gruppi rappresentati. 
  3.  Quando i quadri e i livelli più alti sono ritenuti responsabili di rappresentare modelli di D&I nelle loro azioni e comportamenti quotidiani e lavorano fianco a fianco per creare un approccio focalizzato sulla D&I, aumenta il senso di appartenenza aziendale dell’intera forza lavoro e il livello di collaborazione tra colleghi. 
  4. Se le strategie di D&I vengono applicate durante tutto il ciclo di vita dei lavoratori si raggiungono alti livelli di inclusione e si ottengono benefici sia per l’azienda che per i lavoratori. Queste strategie devono mirare a creare un forte senso di appartenenza e a permettere l’espressione della piena individualità sul luogo di lavoro, sentendo che le necessità personali sono pienamente riconosciute, comprese, attese e quando possibile soddisfatte. 

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