L’Italia, un paese con la testa nel forno e i piedi nel ghiaccio

“Non mi fido delle statistiche – confessava Charles Bukowski – perché un uomo con la testa nel forno acceso e i piedi nel congelatore statisticamente ha una temperatura media accettabile”. Con buona pace dello scrittore americano va detto che le misure del nostro mondo hanno fatto parecchi passi avanti. Ne è un esempio l’annuario 2020 appena pubblicato da Eurostat che grazie a una serie di infografiche interattive racconta come sono cambiate le regioni e le città europee ed italiane dal 2011 al 2019. Guardare a regioni e città svela proprio come l’Italia, ma un po’ anche tutta l’Europa assomigli sempre più all’uomo che impensieriva Bukowski. Gli indicatori sono tanti, ma prendiamone tre fondamentali per la competitività di un paese: l’occupazione, l’istruzione e la digitalizzazione.

Sul primo fronte, l’Italia è sempre un paese più diviso. Se la provincia di Bolzano (79% di occupati nella fascia 20-64 anni) è in linea con le performance medie delle regioni tedesche e Lombardia (72%) ed Emilia Romagna (74%) la inseguono da vicino con Milano che ha meno disoccupazione di Berlino (6,9% contro 7,9%), Calabria (45%) e Sicilia (44%) sono il fanalino di coda dell’Unione con solo i francesi dell’isola di Mayotte, vicino al Madagascar che stanno peggio. La cosa più preoccupante è che negli ultimi dieci anni il divario sta aumentando e il fronte dell’educazione ci spiega perché. In una società dove le skills e l’alfabetizzazione tecnologica sono la chiave per il lavoro, Calabria e Sicilia sono prime in Europa per giovani Neet (Not in Education, Employment or Training) ovvero non inseriti in un percorso formativo o professionale. La percentuale di Neet del Sud Italia, che nel 2011 era 9 volte quella delle tested di serie europee come come il Geiderland (Paesi Bassi) oggi è salita ad addirittura più di 10 volte.

Il dato più critico è però quello relativo alla digitalizzazione. Se come accesso alla rete siamo sostanzialmente in linea con l’Europa con più dell’80% delle famiglie online al Nord e almeno il 77% al Sud, meno di un italiano su due (49% in Trentino) ricorre all’e-commerce contro l’89% degli abitanti di Utrecht che sono i campioni europei dello shopping online. Va ancora peggio se guardiamo all’utilizzo di servizi di e-governement utilizzati da meno di una persona su due in Trentino (45%) e da meno di una su cinque in Sicilia (15%). La buona notizia è che, almeno sul fronte digitale stiamo migliorando e c’è da sperare che il lockdown, insieme a tutte le sue difficoltà, ci abbia spinto ad accelerare il passo. Perché stare con i piedi nel forno e la testa nel congelatore non è affatto piacevole, né salutare.

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