L’articolo è stato scritto con Maddalena Matrone e Giulia Savio | Axa Research Lab on Gender Equality, Università Bocconi
Le donne sono ancora sottorappresentate nella politica. Secondo il World Economic Forum, nel mondo, si è chiuso solo il 22% della differenza tra uomini e donne nel campo della politica. L’Italia si posiziona al 40° posto su 146 paesi, al di sotto della media europea. Dopo le ultime elezioni nazionali, la percentuale di donne in parlamento si è abbassata al 31%, segnando il primo calo in 20 anni. La parità di genere appare ancora più distante a livello regionale, dove le donne rappresentano il 22% nelle assemblee e il 25% negli esecutivi, e municipale, con il 34% di donne nelle assemblee comunali e il 15% di sindache elette alle ultime elezioni amministrative, di cui solo il 6% in un capoluogo di provincia. A livello comunale, questa disparità sembra accentuarsi al Sud Italia (31,8%) e in generale nei comuni con meno di 5.000 abitanti (31,1%). Anche a livello regionale, rispetto al Sud d’Italia (16,9%), i dati sono migliori per il Centro e il Nord, con rispettivamente il 33% e il 22,4% di donne elette nei consigli regionali, e con l’unica donna eletta alla Presidenza della Regione in Umbria. Nonostante dal punto di vista legislativo siano stati fatti dei passi avanti per mettere in atto il principio costituzionale della parità di accesso alle cariche elettive, negli ultimi anni le conquiste dell’equità di genere nella realtà politica italiana non sono sempre state così marcate: la percentuale di sindache è aumentata di un solo punto percentuale negli ultimi sei anni (dal 14% nel 2016 al 15% nel 2022) e le donne alla Presidenza regionale sono diminuite (dal 10% nel 2016 al 5% nel 2022).
Numerosi studi recenti su donne e politica sottolineano i benefici della rappresentanza bilanciata per genere. In primo luogo, c’è un tema di qualità: l’elezione di donne porta a una migliore selezione sia di donne sia di uomini, con un livello medio di qualifiche più alto. Questo risultato è stato dimostrato in presenza di quote di rappresentanza di genere nelle liste elettorali. In secondo luogo, c’è un aspetto legato all’agenda decisionale: studi basati su dati survey – per esempio in India, Stati Uniti e Svizzera – documentano che le donne hanno preferenze sociali diverse da quelle degli uomini, in quanto prediligono maggiormente policy di redistribuzione della ricchezza e vorrebbero indirizzare la spesa pubblica verso settori come la salute e l’ambiente, a scapito di altri, come la difesa. Queste preferenze si traducono in una diversa agenda politica, quando le donne sono al potere? La risposta è sì, per i paesi in via di sviluppo. Le ricerche sfruttano l’introduzione di quote di genere governative nei villaggi indiani, dimostrando che una maggior presenza femminile genera una maggiore distribuzione di beni pubblici, che riflette le preferenze femminili e si traduce in un maggior investimento in istruzione e ambiente. Meno netti sono invece i risultati per le economie più avanzate, come Stati Uniti, Spagna, Norvegia e Italia. Evidenze sulla Bavaria e la Francia mostrano che le donne in politica si concentrano di più sui problemi femminili, salute e infanzia. In generale, l’evidenza empirica mostra che le donne sono meno corruttibili, hanno una minor probabilità di avere processi criminali a proprio carico, e di accumulare asset mentre sono al potere. Naturalmente, questo potrebbe essere dovuto al fatto che le donne sono con maggiore probabilità outsider, meno legate ai circoli di potere e che le donne che si auto selezionano in politica hanno maggiori qualifiche e ambizioni, rispetto alla generale popolazione femminile. In terzo luogo, la presenza femminile in politica può rappresentare un role model con ricadute positive sull’empowerment femminile complessivo.
Infine, un aspetto rilevante riguarda la leadership femminile in politica. Le donne in politica sono leader diverse dagli uomini? Può essere un beneficio la leadership femminile in politica? Un aspetto importante collegato a questo ha avuto molta risonanza nelle ultime settimane: le dimissioni di donne ai vertici della politica. Data la scarsa numerosità, la presenza di donne in politica – così come di donne ai vertici delle imprese – è sempre stata sotto i riflettori. Ma ancora di più lo sono le dimissioni. Nei primi mesi di quest’anno abbiamo visto i casi di Jacinda Ardern e Nicola Sturgeon. Jacinda Ardern, una dei premier più giovani al mondo, lodata a livello internazionale per la gestione della pandemia, lascia il suo incarico da Prima Ministra neozelandese con nove mesi di anticipo. Nicola Sturgeon, Prima Ministra di Scozia, e leader dell’indipendentismo scozzese, rinomata per una gestione peculiare della pandemia nettamente distante da quella inglese, ha annunciato pochi giorni fa che si dimetterà, non appena il Partito Nazionale Scozzese (SNP) avrà designato un nuovo leader. Queste dimissioni sono state commentate a dismisura. Se da un lato esse sono il risultato di un ambiente ancora difficile per le donne in politica, con ostacoli insormontabili che portano fino alla rinuncia, dall’altro le dimissioni stesse possono rappresentare un nuovo modello di leadership. Le donne che non restano attaccate al potere, che rinunciano a un posto in prima linea perché pensano di aver fatto abbastanza, di aver esaurito il loro contributo o che sia arrivato il momento di voltare pagina, rappresentano una novità. Una prova di maturità. È chiaro che non va incentivata la rinuncia, ma è d’obbligo una riflessione sul perché, in un mondo dominato dagli uomini, ci si aspetti che quando un leader raggiunga il potere lo debba mantenere a oltranza e non possa fare una scelta diversa.
Sullo sfondo di queste considerazioni, c’è poi l’esperienza italiana, che sicuramente salta all’occhio in questo momento storico, con l’ascesa a premier di Giorgia Meloni e con la recentissima vittoria di Elly Schlein. Prevedere come queste due esperienze andranno avanti, e se avranno un ruolo nell’emancipazione delle donne in politica e nel tanto difficile binomio donne e politica è al momento prematuro, ma guardiamo con interesse e cautela a queste novità.