Ricerca SWG, come gli italiani vivono l’emergenza

Italiani preoccupati per il futuro, tra lavoro a rischio e necessità di risparmiare. Dopo oltre quattro settimane di isolamento appare chiaro come il lockdown durerà ancora diversi giorni. Fino al 3 maggio sicuramente. Per capire come i nostri connazionali stiano vivendo la Camera di Commercio francese ha organizzato un webinar partendo dai dati raccolti da Swg in un’analisi sulla percezione dell’epidemia. Solo per citare alcuni dei risultati: nella quarta settimana di isolamento la paura di perdere il lavoro ha colpito il 52% degli italiani mentre quella di ammalarsi è scesa dal 55 al 52%. Rispetto alle problematiche economiche solo 13% ha detto di non aver ridotto le spese e il 57% lo ha fatto per la paura del futuro. Posto questo scenario occorre interrogarsi su che cosa fare per aiutare imprese, lavoratori e famiglie. Denis Delespaul, presidente Cci France Italie, ha parlato della necessità “di dare supporto ai datori informando più che mai e creando uno spazio di contatto tra le diverse realtà, oltre all’importanza di aprire le aziende all’innovazione per affrontare la crisi2. Un messaggio fondamentale oggi che il 50% delle imprese globali è ferma o vede la propria attività ridursi. Roberto Arditti, presidente Kratesis, si è invece concentrato sugli aspetti di reazione all’emergenza. “L’allerta – dice – si è ormai allargata all’intera popolazione italiana con dimensioni straordinarie. La consapevolezza dell’opinione pubblica è però elevata”. In breve, dopo il primo periodo di sgomento, gli italiani hanno completato l’iter di informazione e preoccupazione. “La metà della popolazione è in tensione ma assistiamo a un fenomeno tipico dei periodi di emergenza, e i nostri nonni che hanno vissuto al guerra lo possono raccontare, giorno dopo giorno ci si abitua alla gravità del contesto”. Secondo Arditti si tratta di un fenomeno che può essere pericoloso: potrebbe portarecall’abbassamento del livello di guardia e favorire una nuova ondata di contagi. Cosa fare in questa fase di difficoltà quindi? Uno spunto arriva dai dati del Barometro della fiducia di Edelman. La strategia può essere lavorare sul concetto di famiglia aziendale e sulle relazioni. In altre parole: fare squadra tra imprese e lavoratori. Non a caso secondo l’analisi, le persone si fidano più dei propri datori di lavoro che del governo o dei media quando si tratta di informazioni sul nuovo coronavirus. La società di comunicazione globale ha intervistato circa 10mila persone sulle comunicazioni relative al virus dal 6 al 10 marzo negli Stati Uniti, in Canada, Brasile, Francia, Germania, Italia, Giappone, Sudafrica, Corea del Sud e Regno Unito. Risultato? Quasi due terzi degli intervistati hanno dichiarato che avrebbero dato maggior credito alle informazioni ricevute dal loro datore di lavoro rispetto al 58% che avrebbe preferito avere informazioni da un sito web governativo o al 51% che avrebbe scelto i media tradizionali. Fiducia nelle aziende significa però anche responsabilità. Più di tre intervistati su quattro hanno affermato che l’azienda “deve impegnarsi per proteggere i dipendenti e la comunità locale!. Fondamentale quindi dal lato dei datori gestire l’emergenza sul campo, organizzare modalità di lavoro sicuro, a distanza, e cancellare eventi non essenziali. Tutte misure che saranno cruciali nella tanto attesa fase due, di parziale riapertura. La stessa in cui si spera ci sia un cambiamento anche nella percezione dell’emergenza da parte dei nostri concittadini.

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