Tra talento e sacrificio, Javier Zanetti sul campo e come manager

Quando Javier Zanetti ha sfilato sotto il monitor con la sua foto e l’immagine di presentazione dell’evento di ieri all’Auditorium ManpowerGroup, nel centro di Milano, è avvenuta una sovrapposizione perfetta tra appuntamento, titolo e protagonista. Il talk organizzato dal Centro Elis con il vicepresidente dell’Inter e Talent Ambassador di ManpowerGroup era infatti l’ultimo del format “Vita da Campioni” con un obiettivo: quello di evidenziare l’importanza del lavoro per sviluppare il proprio talento partendo da racconti di eccellenza. Difficile trovare un personaggio sportivo in grado di promuovere e rappresentare certi valori con maggiore autorevolezza: Javier Zanetti non è stato solo il simbolo delle grandi vittorie dell’Inter a cavallo tra anni Novanta e Duemila (cinque scudetti, una Champions League e una Coppa Uefa, giusto per rimanere alle competizioni principali), ma è stato anche un esempio di lealtà in campo, rispetto per il gioco, cultura del sacrificio e del miglioramento personale. Proprio in relazione a questi aspetti, uno dei momenti più divertenti del talk, introdotto da Riccardo Barberis, amministratore delegato di ManpowerGroup Italia, è stato il racconto del suo matrimonio: Zanetti ha confermato la veridicità di quella che sembrava una leggenda metropolitana, per cui si sarebbe allenato anche quel giorno. «Sì, sono andato a correre alla fine della festa», ha ricordato l’ex capitano dell’Inter, «mia moglie mi conosceva già, quindi non se l’è presa più di tanto». Un aneddoto così significativo descrive perfettamente l’aderenza dell’ex capitano dell’Inter con i valori di ManpowerGroup, non a caso il club nerazzurro ha annunciato il rinnovo della partnership con l’azienda leader globale nelle innovative workforce solutions, che sarà Premium Partner per le prossime tre stagioni e garantirà i servizi di selezione, formazione e gestione di figure professionali specializzate e qualificate per l’organizzazione e la gestione delle partite e degli eventi del club nerazzurro. Il senso di questa collaborazione e l’importanza di una figura come Zanetti è da ricercare nelle parole pronunciate da Riccardo Barberis durante l’introduzione al talk: «Il talento e il lavoro possano portare a raggiungere qualsiasi risultato, e caratterizzano da sempre il lavoro di Manpower e dell’Inter. In questo senso, il percorso di Zanetti rappresenta un esempio da seguire per tutti».

Zanetti-professionista e Zanetti-persona si compenetrano in maniera profonda, c’era una corrispondenza evidente tra le due entità quando indossava la maglia dell’Inter e della Nazionale argentina (con la quale conta 145 presenze ufficiali, secondo calciatore di tutti i tempi dietro Javier Mascherano), e la stessa sensazione si percepisce ancora oggi, a cinque anni dal ritiro e dall’inizio della nuova carriera di Dirigente, anzi di «Dirigente sportivo» – si è autodefinito più volte in questo modo nel corso dell’incontro di ieri. Per Zanetti, il lavoro è la base di tutto: «Quando ero un calciatore», racconta, «affrontavo ogni allenamento come se fosse una partita vera, era una cosa che mi faceva stare bene perché sapevo che quegli sforzi sarebbero stati ripagati nel tempo. Sono sempre stato abituato a credere nel lavoro fin da bambino, mio padre era un semplice muratore eppure non mi ha mai fatto mancare niente. Così ho potuto coltivare l’ambizione di diventare un calciatore importante. Ho realizzato tutti i miei sogni grazie ai suoi sacrifici, che hanno ispirato i miei». Il suo approccio non è cambiato nonostante sia cambiato il suo ruolo: «Non volevo diventare un allenatore, era un mestiere per cui non mi sentivo portato. Però sognavo di rimanere legato all’Inter, così ho iniziato a seguire un percorso di studi completo alla Bocconi in management sportivo: ho appreso nozioni di economia, marketing, gestione delle risorse umane, ogni giorno imparavo qualcosa di nuovo e ogni giorno continuo a farlo, ancora oggi. Credo sia l’approccio giusto perché possa continuare a crescere come professionista e come persona».

Oltre al primato del lavoro, ci sono altri valori che ispirano la vita quotidiana e professionale di Zanetti: rispetto e collaborazione, che insieme al talento costituiscono una base solida su cui edificare una politica aziendale efficace – una necessità che, per le società sportive contemporanee, va ben oltre i risultati sul campo. Ecco perché il vicepresidente dell’Inter spende il concetto di squadra anche quando parla del suo nuovo ruolo dirigenziale: «Da calciatore avevo una visione limitata, oggi ho capito che la squadra fuori dal terreno di gioco ha la stessa importanza di quella che va in campo. Ho sempre cercato di rispettare tutti e tutto, compagni, avversari, arbitri, anche le sconfitte che ho vissuto: tutte le esperienze formano la tua corazza, il confronto con ogni aspetto della vita e della professione è molto importante per migliorare. Oggi cerco di fare lo stesso con i miei colleghi, con tutti i reparti dell’Inter: il marketing, la media house, la comunicazione, la squadra, lo staff tecnico. In un’impresa ogni figura è fondamentale, dai magazzinieri fino ai top manager. Io cerco di trasmettere la passione per quello che faccio soprattutto ai più giovani: per loro, che sono il futuro, voglio essere un esempio».

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