Molto più di un luogo di lavoro

In certi territori sembra che ci sia qualcosa nell’aria. In Emilia, per esempio, sembra che ci sia qualcosa che fa appassionare ai motori, alle auto veloci, alle corse, a quella sempre più sofisticata tecnologia che permette che i componenti e i prodotti finiti che nascono in questa parte d’Italia finiscano in tutto il mondo e siano tra i migliori e più ambiti. Unici.  

Ricerca, tecnologia, precisione, azzardo, intuizione. Sono queste le caratteristiche che hanno permesso nel 1972 all’ingegnere Giampaolo Dallara di fondare una delle più importanti aziende specializzate nella progettazione, nello sviluppo e nella produzione di auto da corsa: è infatti fornitore unico delle vetture per i campionati IndyCar, Indy Next, Formula 2, Formula 3, EuroFormula, Formula E e Super Formula. La sede della Dallara è a Varano de’ Melegari, un comune di poco più di duemilacinquecento abitanti in provincia Parma che manco a dirlo ha un circuito dove, tra le altre discipline, si corre anche la Formula 3.  

In certi territori sembra che ci sia qualcosa nell’aria, e per questo ci sono professionisti e giovani di tutto il mondo che sognano di respirare quest’aria ed entrare in queste aziende dove si studia ogni giorno il modo migliore per andare più veloci senza sprecare un secondo, un millimetro, un filo di vento. Fare il lavoro che si sognava da piccoli, esaudire un sogno, un po’ come ha fatto Davide Seletti, CEO di Dallara Compositi. «La mia avventura è iniziata nel 2014, lavoravo in Ferrari F1 quando Giampaolo Dallara e Andrea Pontremoli mi hanno proposto di tornare a lavorare per Dallara dove avevo iniziato dopo la laurea come CEO di un’azienda fornitrice che avevano deciso di acquistare». Da quel 2014 l’azienda è cambiata molto, evolvendosi. Ha sviluppato soluzioni per i settori aerospaziale e della difesa, nel 2017 ha prodotto la prima vettura stradale, la Dallara Stradale, venduta in unità numerate in Europa, Giappone, Gran Bretagna e Svizzera. Fare il lavoro che si sognava da piccoli, sì. Ma poi? Abbiamo parlato con Seletti per capire non soltanto come attrarre questi talenti appassionati, ma anche come trattenerli e renderli persone soddisfatte. 

 

T.B. Com’è evoluta l’azienda in questi ultimi anni? 

D.S. L’evoluzione è stata davvero importante, nel 2014 in azienda lavoravano meno di 50 persone per un fatturato di circa sette milioni di Euro, diventati rispettivamente quasi 228 nel giro di pochissimi anni. Elemento fondamentale per permettere una crescita veloce ma ordinata è stata la Scuola dei Materiali Compositi che abbiamo creato insieme a Manpowergroup Italia presso l’Istituto Gadda di Fornovo, evoluta poi in Innovation Farm grazie al contributo di altri soci. 

 

T.B Questo numero di LINC è dedicato all’analisi del nuovo contesto in cui aziende e professionisti si trovano a operare: un contesto in continuo cambiamento e che offre poco margine di pianificazione. Come state vivendo questa fase? 

D.S.Gli ultimi anni sono stati davvero interessanti dal punto di vista dei cambiamenti visto che in pochissimo tempo siamo passati attraverso una pandemia, problematiche di supply chain, la fase della great resignation, una guerra in Europa e ora l’era dei dazi. Volatilità, incertezza e complessità sono ormai la nuova normalità. Abbiamo però una fortuna nel nostro DNA: veniamo dal mondo delle competizioni dove gli scenari cambiano continuamente per cui, per certi aspetti, siamo più abituati di altri all’incertezza e quindi più orientati al cambiamento continuo, anche dei programmi. 

 

T.B In questo quadro emerge la necessità di mettersi in ascolto: le aziende nei confronti dei bisogni dei professionisti e viceversa. 

D.S. Le aziende sono fatte di persone, e le persone cambiano nel tempo. Le nuove generazioni che entrano in azienda sono inevitabilmente diverse dalla mia, che 25 anni fa entrava come primo impiego in Dallara. Allora c’era davvero poco tempo per ascoltare i bisogni dei nuovi arrivati e forse nemmeno di chi ci lavorava da tempo, c’era molto da fare e andava fatto di corsa. Il processo di inserimento in azienda e di accompagnamento lungo l’intero percorso professionale sono la chiave per far crescere, motivare e trattenere le persone. Il percorso in Dallara è lo stesso, indipendentemente che il lavoratore sia inquadrato nella divisione Automobili, Compositi o che si tratti dei colleghi americani di Dallara LLC. È un percorso che oggi ha bisogno di un ingrediente fondamentale: l’empatia. 

 

T.B Se si pensa al mercato del lavoro, soprattutto quello italiano, una delle questioni che più emerge è quella della talent attraction: in che modo si attraggono i talenti in azienda e si permette loro di crescervi? 

D.S. Il primo processo parte molto prima dell’ingresso in azienda e, di fatto, è un percorso di orientamento. Parte con i ragazzini delle elementari e medie nei Laboratori esperienziali di Dallara Academy e poi prosegue per i ragazzi delle superiori con Formula 1 in Schools (STEM Racing), fino ad arrivare agli studenti universitari del Muner che studiano Race Car Engineering proprio in Dallara Academy e utilizzano le nostre strutture come laboratori. Questo percorso è una “fabbrica di passione” per questo mestiere. Ai miei tempi non c’era bisogno di questa attività, un sacco di ragazzi e ragazze ambivano a fare questo mestiere. Oggi non è così, ci sono tante alternative, il sapere che questo mondo è bello va sviluppato sin da piccoli. Una volta entrati, i talenti vanno coltivati utilizzando la formazione continua come uno degli ingredienti principali per la loro crescita.  

 

T.B Dal suo osservatorio, cosa è necessario garantire per rendere il proprio capitale umano soddisfatto? 

D.S. Gli ingredienti sono tanti. Innanzitutto, le nuove generazioni hanno un sacco di opportunità di scegliersi il lavoro che vogliono, per cui dobbiamo lavorare su più fronti per renderci attrattivi prima e renderle soddisfatte poi in azienda. Non basta far lavorare le persone su un prodotto di loro gradimento, ma bisogna anche farlo in un ambiente gradevole: non solo in termini di spazi, ma anche in termini di clima tra le persone. Il lavoro per essere apprezzato va svolto in una azienda che è stimata non solo per i prodotti che realizza, ma anche per come li realizza nel territorio su cui incide. Le persone in Dallara devono sentire che l’azienda crede e investe su di loro, ma anche che sviluppa la comunità di cui fanno parte. 

 

T.B In tutto questo come entra in gioco la tecnologia? È un facilitatore di tutti questi processi? 

D.S. La tecnologia è un facilitatore ma anche un inibitore. Prendiamo per esempio lo smart working. È un enorme facilitatore per aumentare la disponibilità di tempo libero per le persone, ma è anche un inibitore di relazioni sociali che difficilmente possono essere sviluppate a distanza. È un equilibrio complesso e l’avvento dell’AI rischia di metterlo ancora più a dura prova, ma sono sicuro che facendo leva sui nostri valori troveremo un equilibrio anche con questo nuovo “collega”. 

 

T.B Guardando alla sua esperienza decennale, come sono cambiate le richieste dei professionisti, soprattutto di quelli che lavorano in un settore altamente specializzato come quello dei compositi? 

D.S. È difficile sintetizzare in poche parole l’evoluzione di queste richieste. Di certo si può dire che sono diventate molto più varie rispetto ad anni fa. Un certo trend però si può vedere: anni fa era molto più importante il prestigio dell’azienda rispetto ad altri temi più soft. come il clima aziendale, l’attenzione ai bisogni delle persone, la necessità di un cambiamento più frequente di ruoli e responsabilità, la possibilità di crescita sia tecnica che organizzativa. Oggi non dico che contino più questi di tutto il resto, ma c’è maggiore equilibrio. 

 

T.B Come descriverebbe il luogo del lavoro del futuro? 

D.S. Qualcosa che assomiglia molto di più a un campus universitario rispetto alla classica azienda di qualche anno fa. Spazi belli, confortevoli, dove si sta con piacere a svolgere un lavoro che piace e di cui si è orgogliosi. Se non sarà così le persone andranno a lavorare altrove. La domanda sarà sempre più superiore all’offerta. 

 

T.B Guardando alle competenze, invece, quali saranno quelle sempre più fondamentali?  

D.S. Più di competenze, parlerei di un mindset fondamentale. È il tratto distintivo delle persone curiose: la voglia di imparare cose nuove mettendo continuamente in discussione le proprie competenze. È il mantra dell’ingegnere Dallara, oggi lo dicono in tanti, lui lo dice da sempre.  

 

* Il presente articolo è tratto dall’ultima edizione di LINC uscita a giugno 2025. L'immagine di copertina ritrae un test nella galleria del vento dell'azienda.   

Seletti_Dallara_1BN   Davide Seletti, CEO di Dallara Compositi. 

 

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