Congedo parentale: chi fa meglio (e chi peggio) in Europa

In Italia, con la nuova Legge di Bilancio 2024, sono state introdotte delle modifiche significative anche all’istituto del Congedo Parentale, il diritto facoltativo dei lavoratori che garantisce la possibilità di assentarsi dal proprio lavoro durante un periodo determinato in occasione della nascita, adozione o affidamento di un bambino o una bambina.

 

Fermo restando i congedi “obbligatori” di 5 mesi per la madre all’80% della propria retribuzione e 10 giorni per il padre a stipendio pieno, a partire dal 1° gennaio 2024 i lavoratori dipendenti avranno diritto a ulteriori due mesi di congedo parentale indennizzati all’80% della loro retribuzione anziché uno, come previsto precedentemente dalla normativa. Si potranno utilizzare questi 60 giorni (complessivi tra entrambi i genitori) potrà di congedo retribuito entro i primi 12 anni di età del proprio bambino come si legge nell‘articolo 1, comma 179, della Legge n. 213/23. 

 

Un grande passo avanti se si considera che fino al 2023 la possibilità di usufruire del congedo decadeva al compimento dei 6 anni di età del bambino. 

 

Tuttavia, l’aggiunta del secondo mese con retribuzione maggiorata riguarderà solo il 2024. Dal 2025, infatti, la percentuale dell’indennità per il secondo mese di congedo richiesto, verrà ridotta al 60%.  

 

Nei mesi successivi ai primi due, invece, nulla cambia: la percentuale di indennità rimarrà al 30% come avveniva in passato. 


Ma come funziona il congedo parentale nel resto d’Europa? 

 

Spagna e Portogallo: stessi permessi per mamme e papà

 

A far meglio, e non solo in Europa, è la vicina Spagna. Già dal 2021, infatti, il congedo parentale è fissato a 16 settimane per ciascun genitore, con un indennizzo pari al 100% della retribuzione. Di queste, le prime 6 sono obbligatorie subito dopo la nascita della prole, mentre le successive 10 sono facoltative e i genitori potranno scegliere se utilizzarle a tempo pieno o part time. Si tratta di una decisione che incoraggia a ripensare la genitorialità in termini attuali e affini alle nuove sfide sociali, che vogliono entrambi i genitori coinvolti nella cura del figlio sin dai primi giorni di vita. Ma non solo. Sostenere l’uguaglianza di genere in termini di diritti e doveri della genitorialità significa anche ridurre quel gap ancora troppo ampio che nel mondo del lavoro vede donne e uomini in due lati opposti della barricata.

 

In Portogallo, invece, i genitori possono richiedere o 150 giorni indennizzati al 100% o 180 giorni indennizzati all’80% dello stipendio. Inoltre, entrambi i genitori possono usufruire di altri tre mesi a testa in caso di lavoro con formula part-time.  

Gli apripista del Nord

I Paesi scandinavi sono da sempre all’avanguardia per tutto ciò che concerne il sostegno alla famiglia e più in generale all’equilibrio tra tempi di vita e di lavoro. In Norvegia per i genitori sono previsti dodici mesi di congedo retribuito suddivisi in una quota destinata alla madre e una al padre (o all’altra mamma) e in un periodo che può essere liberamente condiviso tra i due genitori. Ciascuna quota genitoriale è composta da un minimo di quindici settimane con retribuzione al 100% a un massimo di diciannove settimane con retribuzione all'80%.

Nella vicina Svezia ogni genitore ha diritto a ben 480 giorni di congedo, quindi circa 16 mesi, 90 riservati alla madre e 90 al padre, indennizzati tutti all’80% dello stipendio. In Danimarca invece c’è ancora una certa differenza tra il congedo concesso alle mamme e quello per i papà, su un totale di 52 settimane infatti, 2 sono del papà, 14 della mamma, il resto da spartire in modo equo.

In Finlandia, infine, sono previsti 164 giorni di congedo per genitore. Un modo del Governo per parificare la durata del congedo per mamme e papà, aumentandolo per entrambi fino a 6 mesi. 

Il modello tedesco

La Germania ha introdotto negli ultimi anni un congedo parentale flessibile per consentire ai genitori di lavorare fino a 32 ore settimanali per massimo 24 mesi; e così pure la Polonia ha esteso il congedo a 36 settimane, di cui 20 retribuite al 100%. 


Una questione di importanza cruciale

Il congedo di paternità, e più in generale la questione dei congedi parentali, è una di quelle cose che impattano diverse sfere del vivere privato e sociale. Coinvolge la salute del bambino, la salute delle mamme, specialmente dopo il parto, un diritto troppo a lungo negato ai papà, la felicità di tutta la famiglia. Ma si tratta anche di combattere la disparità di genere, di guardare ai diritti e doveri dei genitori indipendentemente dal genere stesso e dall’orientamento sessuale. E ancora, è anche questione di aiutare le donne a superare tutte le difficoltà con le quali sono costrette a scontrarsi nel momento in cui vogliono lavorare ed essere madri. Due cose che purtroppo oggi, se non si escludono a vicenda, entrano troppo spesso in conflitto. Serve un passo deciso in avanti: da parte delle istituzioni, e ancora prima, dei singoli, chiamati a essere i primi protagonisti di un cambiamento culturale.

 

Articoli Correlati