Ageismo di genere e donne di mezza età: valorizzare il potenziale inespresso

A un evento di networking una decina d’anni fa, conversando con un dirigente delle risorse umane, mi sentii dire: «Dovresti attivarti per cambiare lavoro, perché dopo i 45 anni è impossibile per una donna, la carriera è finita». Rimasi sconvolta da quell’ombra opprimente che veniva improvvisamente gettata sul mio percorso. Mi sembrava incomprensibile: i miei figli stavano crescendo ed erano sempre più autonomi, avevo tantissime idee ed energie, mi sentivo forte delle esperienze e delle certificazioni accumulate, ero continuamente invitata a presentare il mio lavoro a eventi di settore. Perché la mia traiettoria professionale avrebbe dovuto improvvisamente fermarsi? Da allora ho ricoperto ben tre diversi ruoli in altrettante società e mi sono scoperta una consulente efficace e apprezzata. Eppure la discriminazione anagrafica – il cosiddetto ageismo – nelle aziende è una realtà incontestabile.

In effetti, se da un lato numerosi studi denunciano come per le donne non ci sia mai un momento o un’età ideale per fare carriera ed essere considerate all’altezza del ruolo, dall’altro la “mezza età” sta venendo lentamente sdoganata come un eldorado, un periodo d’oro per le donne. La fatica di dover conciliare lavoro e famiglia sembra essere lontana, sono più serene, forti dell’esperienza maturata e, grazie a una maggiore speranza di vita e longevità, nutrono il desiderio di continuare a contribuire e realizzarsi professionalmente. La scrittrice Avivah Wittenberg Cox parla del terzo “trimestre” come di un’occasione nuova, un rinnovamento: moltissime dirigenti, improvvisamente ignorate dalle grandi società, creano aziende proprie e business innovativi, mettendo così a frutto il proprio talento.

Stereotipi e pregiudizi sono però ancora saldamente ancorati nelle organizzazioni e nella mentalità di chi le dirige: nell’immaginario collettivo, la donna di mezza età è associata alla menopausa quale fine della produttività biologica, alla tristezza del nido vuoto quando i figli partono, a una perdita di freschezza fisica – elementi che non contano affatto nei percorsi di carriera della controparte maschile. Rappresentano inoltre il segmento della popolazione più ignorato dai media: secondo la Geena Davis Foundation, le donne 50+ sono pressoché inesistenti nei film, meno del 10% dei personaggi ideati.

Eppure le donne 50+, in Italia e nel mondo, corrispondono alle consumatrici con il maggior potere d’acquisto, controllando l’85% delle decisioni di spesa. Le imprese hanno quindi bisogno delle donne di mezza età per poter sviluppare servizi e prodotti adeguati per questa fascia di popolazione. Le aziende devono voler evolvere verso una cultura inclusiva, in grado di apprezzare i vantaggi di team multigenerazionali, dove esperienze e prospettive diverse sono valorizzate. Il primo step riguarda le risorse umane: quando i team HR non sono intersezionali e multigenerazionali, l’avanzamento verso il rispetto della diversità, deIl’equità e dell’inclusione è impossibile eprevale la discriminazione. Secondo la scrittrice Bonnie Marcus, autrice del best seller Not Done Yet!, l’ageismo dovrebbe infatti rientrare nei programmi strutturali di DE&I e il processo di assunzione dovrebbe focalizzarsi principalmente sulle competenze delle candidate 50+, considerando in maniera marginale le date presenti sul CV.

Di fatto la menopausa è un passaggio critico, che concerne pressoché tutte le donne: tabù mai menzionato, comincia a essere studiato non solo dal mondo medico e farmaceutico, ma anche dalle aziende più all’avanguardia, che si interrogano su come facilitare questa fase per le loro collaboratrici. Channel 4, il principale canale TV pubblico inglese, è stato il primo gruppo al mondo a pubblicare una Politica per la Menopausa nel 2018 e da allora ha continuato a creare campagne e produrre contenuti volti a normalizzare questo passaggio della vita. Oggi un’azienda su quattro nel Regno Unito ha una politica sulla menopausa. Una cultura aziendale inclusiva permette di fatto a collaboratrici e ai.alle manager di affrontare serenamente la questione, che comporta soluzioni differenti a seconda dei casi. Benché la menopausa comporti 34 sintomi accertati, non si manifestano tutti in tutti i casi e con la stessa intensità. È perciò importante formare dirigenti e leader, perché siano preparati a discutere della circostanza con le colleghe interessate. Sapendo, per esempio, come il sonno venga influenzato dalla menopausa, la citata politica di Channel 4 prevede la personalizzazione dell’orario di lavoro e garantisce una flessibilità e un carico di mansioni che permettono alle collaboratrici di usufruire del piano di benessere messo a loro disposizione. Il gigante delle biotecnologie Genentech ha invece scelto quest’anno di introdurre benefit specifici sulla menopausa, offrendo alle.ai dipendenti e ai loro coniugi e partner accesso 24/7 a specialisti della menopausa,  ideando gruppi di supporto ad hoc, organizzando servizi di videochat e messaggistica su richiesta con medici, infermieri e coach professionisti specializzate in materia. 

Molte aziende decidono di intraprendere questo percorso creando spazi di parola in occasione della Giornata Internazionale della Menopausa, istituita nel 2011 dall’International Menopause Society (IMS) e celebrata il 18 ottobre, con l’obiettivo di diffondere informazioni e conoscenze su questo stadio, aumentando la consapevolezza collettiva. A questo proposito, nel 2021 Netflix EMEA ha organizzato una conferenza per tutto lo staff, con una dottoressa che ha spiegato le diverse fasi della menopausa e quali cambiamenti nello stile di vita possano aiutare in questa fase. Una dirigente scelse poi di raccontare il proprio vissuto: il tasso di interesse e partecipazione fu altissimo e non solo da parte delle donne. Le informazioni ricevute, la testimonianza e la vulnerabilità della manager crearono un linguaggio comune e contribuirono a rendere valide le storie di molte collaboratrici.

La posta in gioco è importante: si tratta, infatti, di non allontanare, discriminare e perdere talento prezioso in un momento critico che riguarda tutte le donne di mezza età. Quello che serve soprattutto è sostenere le collaboratrici durante la menopausa, valorizzarne le esperienze e facilitare la costruzione di team e ambienti multigenerazionali capaci di far fronte a una società in costante cambiamento. Come dice Sheila Callaham, co-fondatrice della Age Equity Alliance, «l’età non è uno svantaggio: è una piattaforma di saggezza».

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