Cambiare ritmo, le nostre vite alternative

I nomadi digitali non sono certo figli della pandemia: su LINC li abbiamo raccontati più volte, i coworking esistono da anni ormai, più o meno da quando è nato internet si può dire che siamo diventati inevitabilmente più flessibili nel nostro approccio al lavoro. Richard Branson aveva dato la possibilità ai suoi dipendenti di lavorare da remoto un decennio fa, l’unica cosa che contava era raggiungere gli obiettivi. Quello che è cambiato nel corso dell’ultimo anno e mezzo è che è cresciuta la consapevolezza generale nei confronti di questa idea del lavoro strettamente legato ai progetti e non ai ritmi, all’organizzazione personale e responsabile e non alle regole aziendali (spesso controproducenti).

Così si sono diffusi i coworking nelle campagne, alcuni di noi hanno preferito città più piccole ed economiche alle costose e affollate metropoli, altri hanno visto proprio in queste ultime una nuova dimensione comunitaria e lenta (il tragitto casa-lavoro, secondo le ricerche del premio Nobel Daniel Kahneman, era in cima alla lista dei peggiori momenti della nostra giornata), altri ancora hanno trasferito le loro competenze specifiche da un settore all’altro (perché costretti dalla situazione contingente o per scelta) per andare incontro a uno stile di vita fatto di altri tempi e modi. Siamo come nuovi, potremmo dire, dopo mesi di tentativi ad abbracciare una vita alternativa, imposta ma non per forza di cose sbagliata.

Quello che stavamo vivendo non era ciò che desideravamo: una vita all’insegna dell’efficienza e della velocità era semplicemente l’unica che conoscevamo. Era magari questa l’occasione che stavamo aspettando? Le grandi aziende si sono poste la domanda e hanno forse per la prima volta ascoltato davvero le necessità dei propri dipendenti, scoprendo che la soluzione non stava nell’asilo aziendale e che il modello Google in cui tutta la vita privata avveniva nel raggio di pochi metri dalla sede di lavoro non era forse quello più giusto per il nostro benessere mentale. Il romanzo distopico di Dave Eggers, Il cerchio, pubblicato nel 2013, ce l’aveva anticipato del resto, solo che non tutti erano pronti a capirlo, affascinati come eravamo dagli unicorni della Silicon Valley.

L’immediato successo di La valle oscura di Anna Wiener, pubblicato in piena pandemia, è invece la prova che qualcosa dentro di noi è cambiato. Come separare il lavoro dalla vita privata è una domanda che finalmente possiamo smettere di farci. Vivere liberamente entrambi è forse la risposta migliore dei nostri tempi.

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