Ecco il Chief Happiness Officer: il “manager della felicità” che fa, ma soprattutto ascolta

Dovremmo tutti imparare dai più piccoli a prenderci cura degli altri. Una cura che è ascolto e che talvolta lascia senza parole perché ti apre il cuore. In fondo è quello che si prova vedendo il video preparato per Natale 2021 da Apple. Una bambina cerca di tenere in vita in tutti i modi il suo pupazzo di neve per tutto l’anno. Lo spot si chiama Saving Simon ed è firmato dai registi Ivan e Jason Reitman, ossia padre e figlio che si sono ritrovati sul set dopo il film Ghostbusters. È stato girato interamente con l’iPhone 13, utilizzando le modalità macro e cinematic e sulle note di Valerie June. Anche la “bibbia” del marketing contemporaneo AdWeek ha segnalato questo prodotto. Oltre gli effetti speciali, quello che colpisce sono gli affetti speciali. Una ricerca della felicità. C’è chi da qualche tempo sostiene che questo concetto della felicità dovrebbe essere introdotto in modo sistemico anche in azienda.

La catena della felicità. Per capire come la felicità entra in un posto di lavoro andiamo in America. Precisamente a Bettendorf, 35mila anime nello Stato dell’Iowa. Qui, nel 1972, nasce una catena di pizzerie che ha la felicità all’interno del nome. Si chiama Happy Joe’s. A metterla in piedi Joseph Whitty, ex manager di Shakey’s Pizza, prima catena in franchising nata addirittura nel 1954. Ma torniamo a Happy Joe’s, che cresce rapidamente fino ad arrivare a 61 ristoranti nel Midwest. L’idea nasce da due gioie del palato in un unico posto: la pizza e il gelato. Joseph Whitty ne è entusiasta. E d’altronde come potrebbe essere il contrario, avendola creata prima e guidandola poi. Ma Joseph Whitty fa di più. Realizza alcune idee folli. È lui a far nascere il primo ristorante-pizzeria ad offrire pizza taco, cioè una pizza con salsa di fagioli fritti, pomodoro, formaggio. Poi una quindicina di anni fa inizia a regalare pizze a colazione. Ma Joseph Whitty introduce in azienda anche un manager della felicità, lui che ha affrontato parecchie situazioni difficili senza mai arrendersi.

Nell’aprile 2006 un tornado abbattutosi su Iowa City ha distrutto il suo locale, nel 2008 un altro ristorante a Coralville è stato danneggiato a causa delle inondazioni, ma in rapidissimo tempo è stato ricostruito. Ma il manager della felicità aiuta ad affrontare i momenti più impegnativi. Nell’autunno del 2019, Joseph Whitty muore all’età di 82 anni, ma la figura del manager della felicità è rimasta in azienda. Anzi, si è rafforzata. Ancora una volta, i buoni esempi arrivano dal vertice per essere poi diffusi tra tutti: così l’Amministratore Delegato Tom Sacco, oltre a confermare la figura del manager della felicità, si è autoproclamato “capo della felicità”, promuovendo atti di gentilezza. «Non possiamo trasformare i nostri ristoranti in hotel a cinque stelle e non possiamo cenare con tovaglie bianche, ma non costa nulla essere gentili», ha dichiarato Sacco a Business Insider. Oltre a prendersi cura dei clienti con pizza gratis, feste di compleanno per i più piccoli e un accompagnamento fino a casa per quelli più anziani, Happy Joe’s oggi si prende cura anche dei suoi dipendenti e il CHO, ossia il Chief Happiness Officer, si mette in ascolto, lascia buoni regalo a sorpresa per i corrieri impegnati nelle consegne e fa il possibile per supportare le famiglie dei dipendenti.

Felicità sul posto di lavoro. L’azienda non è la prima a designare un’intera posizione per la felicità dei propri dipendenti, con l’idea che i dipendenti felici siano dipendenti migliori, sottolinea Thehill.com, che ha rilanciato la storia. «Il compito del Chief Happiness Officer è guidare diverse iniziative per rendere le persone più felici sul posto di lavoro», ha raccontato al Guardian Alexander Kjerulf, noto consulente aziendale danese impegnato in percorsi di felicità nelle imprese del Nord-Europa. In Italia, anche l’Università di Padova ha puntato su una figura simile. È stata introdotta da Etifor, spin-off dell’ateneo veneto che conta una quarantina di professionisti dislocati su progetti pubblici e privati di valorizzazione del patrimonio naturale. È il Good Vibe Manager, oggi rappresentato da Riccardo Da Re, trentottenne in questa società: il suo obiettivo è far interagire le persone, lavorando su processi e clima. In fondo è un abilitatore hi-tech di relazioni. Introdotta in piena pandemia, nel primo anno ha fatto registrare un tasso di efficienza nella produttività pari al +7,5%. È nei momenti difficili che abbiamo più bisogno di essere felici.

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