Più che l’efficienza, possono le idee

Il valore di un’azienda non sta più in quanto produce, ma nella capacità innovativa di chi ci lavora

Il cambiamento sempre più accelerato e profondo nel mondo del lavoro è sotto gli occhi di tutti, e coinvolge con dinamiche simili la stragrande maggioranza dei settori produttivi. Il motore principale di questa trasformazione epocale è l’intelligenza artificiale, con lo sviluppo di tecnologie sempre più capaci di entrare nei processi produttivi aziendali. Ma come cambia allora il ruolo del lavoratore? E quali sono le competenze più richieste dalle aziende? Cerchiamo di fare il punto della situazione.

 

Pandemia e innovazione

In un contesto già di per sé mutevole e di difficile interpretazione, la pandemia di Covid-19 ha condizionato il modo di lavorare di tantissime realtà, lasciando sempre più spazio allo smartworking e spesso determinando una trasformazione digitale e uno sviluppo informatico molto rapidi. Da diversi studi è emerso che, nonostante tutte le difficoltà, in media la produttività dei lavoratori non è diminuita a causa del nuovo approccio al lavoro, ma anzi le forme di collaborazione a distanza hanno favorito lo sviluppo di abilità e capacità nuove, funzionali al progresso e alla crescita. L’ambiente domestico, diverso per molti aspetti da quello aziendale, in alcuni casi ha stimolato le capacità creative, anche se in altri ha determinato l’instaurarsi di stress e difficoltà relazionali.

Di certo, alla base del successo di numerose aziende durante questo difficile periodo ci sono state specifiche soluzioni come il machine learning, ma pure la robotizzazione e l’automazione di tante attività. Molti lavori che prima erano appannaggio degli esseri umani ora sono svolti più rapidamente e in modo più preciso da macchinari – in senso fisico o digitale – creati ad hoc. E, secondo la maggior parte delle aziende, l’intelligenza artificiale costituisce uno degli elementi principali per il successo futuro.

 

Produttività ed efficienza: due termini sempre più del passato

Le aziende da sempre ricercano nei collaboratori la massima efficacia dal punto di vista lavorativo. Una parola che storicamente è associata, a livello semantico, con i concetti di produttività e di efficienza. Ma sono ancora così importanti? Di sicuro una buona gestione del tempo e delle risorse, soprattutto se combinata a un buon livello di risultati, resta un elemento positivo e apprezzato, anche se questi aspetti non sono più quelli considerati in cima alla lista delle priorità. E ciò perché, per via del processo di trasformazione in corso, i lavori ripetitivi e con scarso impegno cerebrale saranno progressivamente sostituiti da qualche forma di automazione.

Per definire quale sarà, in futuro, il ruolo dei lavoratori all’interno delle aziende è necessario anzitutto un cambio di paradigma. Servirà sfruttare al meglio ciò che ci rende davvero unici e che non potrà mai essere rimpiazzato completamente dai robot o dall’intelligenza artificiale: la nostra mente. Molti esperti stanno provando a ricreare i processi neuronali negli automi, ma a oggi nessuno è stato in grado di produrre robot capaci di competere con le capacità dell’essere umano, soprattutto in termini di innovazione e creatività. Ci si è già riusciti con gli scacchi, con il gioco Go o con il ricreare opere d’arte ispirate a pittori del passato, ma non ancora a creare qualcosa di davvero originale, nuovo e diverso. In una parola, tutto questo si può sintetizzare con il termine idea. Ancora esclusiva – probabilmente per molto tempo – dell’essere umano, è ciò che caratterizza il valore aggiunto del lavoratore. E, proprio per questo, l’abilità di sviluppare idee è sempre più ricercata dalle aziende di tutti i settori.

 

La capacità di ideare

È ben noto che le competenze più richieste siano cambiate radicalmente rispetto a qualche anno fa. Ora spiccano soprattutto le soft skill, una combinazione di abilità sociali e comunicative che sono fondamentali per un lavoro in squadra e per un’efficace collaborazione tra colleghi. Insomma, capacità relazionali, agilità, problem solving, flessibilità e gestione dei rapporti interpersonali sono ormai essenziali in tantissimi settori.

Di grande interesse è anche l’intelligenza emotiva, la capacità di riconoscere lo stato d’animo e le emozioni delle altre persone, al fine di gestire la relazione con colleghi, clienti e collaboratori in maniera consapevole e funzionale agli obiettivi. Una sorta di empatia professionale. E da non sottovalutare è pure la leadership, non solo in termini di abilità decisionali ma anche come capacità di ispirare e di condividere vision e mission con il team di lavoro.

Questo cambio di approccio ha non poche ripercussioni nel modo di lavorare e di plasmare l’ecosistema lavorativo. Per potere essere creativi, innovativi e per certi aspetti rivoluzionari, i lavoratori hanno bisogno di tempo da dedicare alla riflessione, all’esplorazione e a nuove esperienze. Un ambiente di lavoro statico e con poche interazioni non è di certo stimolante per formare i lavoratori del futuro. Quello da ricercare, invece, è l’effetto brainstorming e la connessione tra i lavoratori, affinché il pensiero di tutti possa essere sfruttato al meglio, in maniera propositiva.

Infine, c’è la formazione: in un contesto in cui il lavoro pratico-manuale sta perdendo di utilità, diventa essenziale l’apprendimento e l’acquisizione di competenze nuove e specifiche. In quest’ottica cambia anche il senso dell’errore e più in generale del fallimento. Le aziende devono stimolare la sperimentazione, accogliendo la possibilità che il raggiungimento dell’obiettivo passi attraverso ripetuti passi falsi, indispensabili per aggiustare il tiro.

Articoli Correlati

Sempre più umana

Intervista a Tomas Chamorro-Premuzic, esperto di fama internazionale di psicologia aziendale e gestione dei talenti, è autore di volumi e articoli scientifici sui temi della leadership, innovazione...

LEGGI DI PIÙ