Lorenzo Bernardi, ex schiacciatore azzurro, oggi allena la Igor Volley Novara. Ha giocato con Padova, Modena, Treviso, Trento, Verona, Lube e Olympiakos. Da giocatore ha vinto due Mondiali, tre Europei, nove scudetti, quattro Champions. Da coach, invece, due titoli nazionali, tre coppe nazionali, tre Supercoppe, una Challenge Cup e una Cev Cup.
Da uno che è stato nominato come il miglior pallavolista del Novecento fa strano sentirsi dire che ogni giorno lavora per migliorarsi. Con il suo palmares, tra club e nazionale, ci si riempie un trilocale. Ha cominciato ad allenare le ragazze della Igor Gorgonzola Novara nel 2023 e in due anni ha già vinto due trofei internazionali – la Challenge Cup e la Cev Cup. Più di così, cosa vuoi fare ancora? Eppure per Lorenzo Bernardi, il “giocatore del secolo” per la Federazione Internazionale di Volley, uno dei protagonisti della “generazione dei fenomeni” dei primi anni Novanta, cambiare, anzi «evolversi» come precisa lui, è fondamentale. Nello sport come nel lavoro, che giochi sotto rete o gestisci un’azienda. «In una squadra se migliora uno, migliorano tutti» confessa. «L’anno prossimo, per esempio, ci saranno nuove giocatrici, nuove dinamiche. Faremo fatica, ma non mi spaventa, perché solo modificando alcune soluzioni possiamo avere un’evoluzione».
Certo, si va in palestra per sollevare le coppe, ma nello sport «vince uno, quindi se la cosa importante fosse solo il successo significherebbe che uno lo raggiunge e gli altri no». L’obiettivo, quindi, diventa «dare il meglio di noi stessi» ammette. «Quando si è consapevoli di aver messo tutto a prescindere dal risultato finale si conquistano le medaglie d’oro, anche se si arriva decimi». Potrebbe sembrare un discorso un po’ retorico, ma non è così. In un movimento dominato dalla Imoco Conegliano, che nelle scorse settimane ha centrato il settimo scudetto consecutivo, risulta invece decisamente realistico. «Lo dico anche quando vado a parlare nelle aziende» sottolinea Bernardi, «bisogna ragionare per gradi, inutile porsi un traguardo irrealizzabile. Il gruppo deve essere formato e avere regole chiare e ben stabilite». Gerarchie da rispettare il più rigorosamente possibile. L’allenatore non è troppo diverso da un direttore generale o da un amministratore delegato, si tratta di «responsabili capaci di fissare i paletti della strada comune».
Lavorare con le donne è inevitabilmente diverso. Sul campo è stimolante, c’è molto più spazio per inventare rispetto alla pallavolo maschile, più fisica, ma anche più schematica e a volte un po’ noiosa. D’altra parte, però, ci si deve concentrare tanto sull’aspetto psicologico. «Le ragazze di oggi hanno una perseveranza e una determinazione maggiori rispetto agli uomini» spiega l’allenatore, «ma queste qualità vanno gestite attentamente, perché soffrono di più il giudizio». Bisogna, quindi, costruire «la consapevolezza di essere forti». Quella che alla Igor ha creato attraverso delle sfide – individuali e di squadra – e in nazionale, invece, c’era già. «Quello di Novara è un gruppo cresciuto passo dopo passo, quasi un set alla volta» ricorda. «Prima abbiamo portato avversarie più forti ai tie-break, poi le abbiamo sconfitte, infine siamo arrivati in fondo alle competizioni europee. In Nazionale la maggior parte delle giocatrici aveva ormai una grande esperienza internazionale, aveva vinto un Europeo e una VNL. Mancava solo l’oro più importante, quello olimpico di Parigi».
Nazionale per Bernardi significa soprattutto Julio Velasco, probabilmente il miglior allenatore di volley di tutti i tempi. Vissuto da giocatore prima, con cui ha condiviso due ori mondiali, tre europei e l’argento di Atlanta ’96 e da assistente dopo, nel trionfo francese della scorsa estate. «Ho cercato di apprendere forse il suo segreto più grande» afferma, ovvero «la bravura nel rendere semplici anche gli aspetti più complessi del nostro mestiere». Già, la semplicità: nel vestire per un’intervista, con una t-shirt bianca ma raffinata e quella da trovare in un gesto spontaneo, come una telefonata alla moglie prima di ogni partita, un rituale che lo accompagna da più di trent’anni.
Bernardi è un coach differente e non solo perché è stato un campione. «Per svolgere questa professione bisogna dimenticarsi di essere stato giocatore» racconta. Strano, di solito tutti i coach dicono il contrario. Aver giocato aiuta. Forse però aver raggiunto certi livelli può offuscare il punto di vista. Bernardi sa che deve ragionare in modo diverso anche perché Novara è una società diversa. Viene fondata nel 1983 come Agil, acronimo di amicizia, gioia, impegno e lealtà da Giovanna Saporiti, Suor Giovanna Saporiti, attuale presidentessa, che voleva aggregare i ragazzi della zona attraverso lo sport. «È un capo come gli altri» assicura il tecnico. Eppure li accomuna la capacità di accogliere le persone nel proprio mondo. «Ho sempre creduto che per ambire a qualcosa di grande si dovesse pensare a come ottenerlo, ma nel tempo ho capito il valore dell’ascolto». Una filosofia innovativa e finora vincente, anche se manca il titolo più importante, lo scudetto. «Ecco, per il tricolore potrei fare qualche pazzia» confida. Non le svela, però. Dice che non è un tipo scaramantico, ma non si sa mai.
* Il presente articolo è tratto dall’ultima edizione di LINC uscita a giugno 2025