Nessuno al volante. La guida autonoma di VisLab

Guida senza conducente: è l’obiettivo perseguito in tanti anni di lavoro e ricerca da VisLab, la prima azienda italiana che cerca di portare su strada veicoli autonomi. Alberto Broggi, professore di Ingegneria informatica dell’Università di Parma, è il fondatore di questa realtà, nata inizialmente come gruppo di ricerca, diventata poi una piccola start-up acquistata nel 2015 per 30 milioni di dollari da Ambarella, multinazionale della Silicon Valley.  

Il team di Broggi negli anni ha continuato a innovare il settore della robotica veicolare, tanto che la rivista americana Popular Mechanics ha definito il brevetto per la guida autonoma di VisLab uno dei «15 brevetti che hanno cambiato il mondo».  

VisLab

Come e quando nasce VisLab? 

«Siamo nati almeno una ventina di anni fa come gruppo universitario di ricerca. Ero docente del dipartimento di Ingegneria dell’Università di Parma e con il mio team ci siamo occupati dello sviluppo di veicoli con la guida autonoma. Nel 2009 poi con alcuni miei studenti abbiamo pensato a uno spin-off del gruppo accademico ed è così che è nata una start-up compartecipata dalla stessa Università. All’inizio eravamo una decina di persone, e negli anni abbiamo sviluppato diversi progetti con varie aziende in tutto il mondo nel settore veicolistico. Ci siamo trovati a partecipare a numerose sfide a livello mondiale sui nostri veicoli autonomi: 200 chilometri nel deserto del Mojave vicino a Las Vegas, poi di nuovo una challenge per le strade di una città ricostruita, e ancora da Parma siamo arrivati con la nostra guida autonoma fino a Shanghai. Nel 2015 abbiamo deciso di diventare grandi e trovare un partner in una grande azienda. Non abbiamo avuto troppe difficoltà e siamo diventati il braccio di ricerca di Ambarella, una multinazionale americana targata Silicon Valley e specializzata nella realizzazione di chip. Con lei abbiamo continuato a sviluppare il nostro lavoro e le nostre competenze. Ci siamo trovati a unire le diverse esperienze, la nostra nel mondo del software e quella di Ambarella nel settore dell’hardware. Fin dall’inizio l’obiettivo è stato la creazione di un prodotto unico». 

Siete rimasti però a Parma.  

«La richiesta immediata di Ambarella è stata quella di trasferirci negli Stati Uniti, precisamente a Santa Clara in California. Da parte nostra però la conditio sine qua non è stata quella di rimanere in Italia e continuare a crescere qui. Oggi siamo un team di più di 70 persone e ci troviamo ancora a Parma, dove nel futuro imminente raddoppieremo i nostri spazi all’interno del campus universitario che ci ha visto nascere. La sinergia con la facoltà di Ingegneria è rimasta infatti molto forte. Teniamo corsi all’Università e spesso gli studenti vengono da noi per sviluppare e fare ricerca per tesi di laurea e dottorati. Tutto ciò è un vantaggio per tutti: per noi, per l’Università e conseguentemente per il territorio, dove ad oggi – che io ricordi – è presente l’unica autorizzazione del Ministero dei Trasporti in Italia per fare test su strada di veicoli automatici».  

Che cosa significa per VisLab innovare 

«L’innovazione è la nostra routine. Lo abbiamo sempre fatto, prima come gruppo universitario e poi di nuovo quale gruppo di ricerca industriale. Da una parte cerchiamo continuamente di stare al passo con le tecnologie più avanzate (intelligenza artificiale, machine learning o deep learning), e dall’altro ci innoviamo costantemente nel nostro campo di ricerca: i veicoli automatici. Il bello però non è tanto l’innovazione fine a sé stessa, quanto invece innovare perseguendo un obiettivo più alto. Quasi il 90% degli incidenti stradali dipende dall’uomo, dall’inesperienza del guidatore, dalla stanchezza dello stesso, da varie ed eventuali distrazioni o ancora dall’uso di alcune sostanze che minano la sicurezza stradale. Noi cerchiamo di abbassare, se non eliminare, l’incidenza di questo dato grazie alla sostituzione di un guidatore, chiamiamolo manuale o umano, con uno automatico ed elettronico». 

Il racconto dei media, e non solo, vede nel futuro la progressiva sostituzione dell’uomo con le macchine…  

«È la direzione in cui dobbiamo andare. Non si tratta di sostituire l’uomo, quanto di aiutarlo in alcuni punti pericolosi o ripetitivi. La macchina ci deve infatti sostituire in compiti molto specifici. Non ci troviamo più a fare difficili calcoli a mente, usiamo invece una calcolatrice: è sicuramente più sicura e veloce. Anche in altri settori lavorativi questa sostituzione è già in atto. È il caso delle precision farming in Argentina o in Australia, dove il lavoro nei campi è svolto completamente da apposite macchine automatiche. Se guardiamo poi un pochino più lontano da quello a cui siamo abituati, il veicolo allora sarà solo automatico: non sarà più necessario guidare manualmente. Ci ritroveremo dentro veicoli assolutamente sicuri, senza perdere tempo ed energia alla guida. Si tratta di una vera e propria rivoluzione che riguarda non solo la quotidianità di ciascuno di noi: cambierà anche l’assetto stesso delle città e delle nostre abitazioni».  

​​Per molti anni il vostro lavoro vi ha visti sviluppare un veicolo automatico limitatamente al perimetro universitario, con il quale continuate a promuovere una sinergia molto forte. Continuate anche a fare voi stessi formazione, tanto all’Università quanto con diversi programmi come con il brand Experis di Manpower. Quanto sono importanti formazione e competenze scientifiche nel vostro settore?  

«Le competenze scientifiche per noi sono tutto, così come la formazione costante che pratichiamo per via transitive e intransitive. Ci sono realtà che effettivamente prediligono profili giovanissimi appena laureati, noi teniamo invece in gran conto e giudichiamo positivamente i percorsi di ricerca. Si tratta di persone altamente formate, che hanno fatto ricerca e che soprattutto sanno cosa significa fare ricerca: la stessa che pratichiamo tutti i giorni». 

Qual è la vostra prossima sfida?  

«L’obiettivo è chiaramente quello di vedere il nostro sistema di guida autonoma sui veicoli di tutto il mondo. Deve essere la normalità, poter acquistare un’automobile senza pilota in una normale concessionaria. È una sfida molto alta, ma il fine di tutto il nostro lavoro è proprio questo: sviluppare qualcosa che possa essere di utilizzo comune con tutti i benefici che ne derivano. È interessante però sapere che il bello deve ancora venire». 

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