Professioni ICT tra squilibri geografici e gender gap

«La crisi economica e sociale, indotta da quella sanitaria, ha fatto emergere prepotentemente il digital divide che caratterizza il nostro Paese. Assistiamo a una polarizzazione sempre più netta tra chi possiede le skill adatte a fronteggiare il mutato mercato del lavoro e chi invece deve ancora acquisirle». Così José Manuel Mas, Direttore di Experis Italia, ha sintetizzato l’attuale domanda di mercato di profili tecnologici nel nostro Paese, raccontata per esteso nello studio Tech Cities 2022, una sorta di mappa dell’occupazione nel settore ICT italiano pubblicata a febbraio. Uno studio da cui emerge, per esempio, che tra il nord e il sud del nostro Paese c’è un divario nella retribuzione lorda annua di quasi un terzo (dai 33mila euro di Puglia e Campania ai 43mila della Lombardia). E che le offerte di lavoro in ambito tech sono decisamente concentrate su Milano e su Roma, che assieme rappresentano il 67% delle offerte di lavoro, con il capoluogo lombardo che da solo ne ha il 42%.

Ma quelli geografici e di competenze richieste non sono gli unici squilibri che oggi il mercato del lavoro palesa. La presenza femminile nell’ambito delle professioni ICT, per esempio, è ferma a un quasi imbarazzante 15%: un dato emblematico di una situazione preoccupante, e che lo è ancora di più se si considera che il mondo ICT oggi include discipline trasversali a tutte le professioni e in forte crescita. Il quadro, quindi è piuttosto chiaro: da un lato il sistema scolastico fatica a promuovere la crescita delle competenze STEM in generale, e in particolare non incentiva la partecipazione femminile verso gli ambiti high tech e digitali. 

Tra architetti del cloud e ingegneri DevOps 

Il mercato del lavoro ICT è molto più vasto di quello che può sembrare, con professionalità diverse che spaziano dalla cybersecurity all’intelligenza artificiale e richiedono competenze specifiche e un processo di formazione idoneo. Come ha spiegato Luca Quagini, fondatore e amministratore delegato di SDG Group, «In generale sono sempre più ricercate le figure che, oltre ad avere competenze in ambito STEM, hanno un percorso alle spalle con basi economico-gestionali. I professionisti tecnologici più richiesti sono nel data management, nelle architetture cloud e nella visualization». Stringendo il campo al solo IT, l’analisi Experis mostra in particolare che la richiesta più grande riguarda gli sviluppatori Java (con il 46% dell’ambito IT), seguiti dagli scienziati dei dati (analyst, architech e specialist) e sviluppatori a tutto tondo (full stack developer), ma si affacciano anche professioni meno chiacchierate presso il grande pubblico come il cloud developer architect e il DevOps engineer (ossia esperti di sviluppo e operatività dei software). 

Trasversalmente alle diverse professioni, alcune abilità specifiche paiono sempre più richieste e difficili da reperire. «La protezione dei dati e la cybersecurity sono temi centrali nel mondo del lavoro di oggi, ciononostante mancano le attività formative appropriate per fornire ai ragazzi gli strumenti adatti per imparare», ha spiegato per esempio Renato Salvatore Marafioti, Presidente dell’Associazione Italiana per l’informazione e il Calcolo Automatico (AICA). Il problema non riguarda solo il percorso universitario o la formazione di alto livello, ma la cultura digitale in generale, che pare essere un tema poco affrontato già nella scuola di primo grado. «Per come sta evolvendo il mondo, coloro che adesso sono alla fine del percorso della scuola primaria andranno a fare un lavoro tra 10 anni che oggi nemmeno esiste o che si conosce a malapena», ha aggiunto Marafioti. «Ecco perché è importante che si inizino ad affrontare alcuni argomenti fin da giovani. Saper usare lo smartphone ed essere abili sui social network non significa essere esperti nel mondo delle competenze ICT, serve ben altro e all’interno del percorso di formazione devono essere presenti dei moduli dedicati». Tanto Marafioti quanto Quagini e Mas hanno sottolineato, implicitamente ed esplicitamente, quanto sia importante anche un continuo monitoraggio della domanda del mercato, dato che le competenze richieste dalle aziende cambiano con grande frequenza e occorre adeguare rapidamente i programmi di formazione. 

Donne e ICT: bisogna intervenire 

La presenza femminile nel settore ICT è ancora molto scarsa e cresce a rilento. Nonostante la ricerca di professionisti sia in forte espansione, il gender gap è ancora molto evidente. Secondo quanto riportato dai dati del Gender Equality Index 2020, prodotti dall’European Institute for Gender Equality, la presenza femminile nel settore ICT è meno di una persona su sei. Anche il processo di formazione non è, all’evidenza dei fatti, inclusivo: solo il 21% delle donne intraprende un percorso per sviluppare competenze digitali di base, mentre negli uomini si raggiunge il 30%. I motivi alla base di questa disparità sono tanti: stereotipi culturali che già durante il percorso scolastico allontanano le studentesse dalle materie STEM, mercato del lavoro che tende sempre a favorire la presenza maschile, professioni erroneamente considerate “adatte agli uomini”. 

In Italia il deficit di talenti ICT è inaccettabile. «Ci sono esempi virtuosi del passato che devono essere ricordati», ha aggiunto Marafioti. «Per esempio, mi piace ricordare la contessa e matematica britannica Augusta Ada Byron, la prima programmatrice della storia, che nel corso del diciannovesimo secolo è stata una precorritrice dei tempi, e senza di lei oggi non avremmo a disposizione molta della tecnologia attuale». Per incoraggiare le giovani ragazze a superare il pregiudizio di genere e stimolare il loro interesse verso le materie STEM, le iniziative si moltiplicano. «Un elemento positivo in questo senso è rappresentato dalle richieste femminili in forte crescita negli ambiti della cybersecurity, del cyberbullismo e del digital marketing, settori in espansione che appassionano sempre più ragazze, che peraltro si stanno avvicinando anche all’ambito della criminologia informatica». Non a caso la stessa AICA, attraverso il gruppo di lavoro Women in ICT, ha presentato una lista di raccomandazioni per avvicinare e trattenere donne e ragazze in carriere ad alto contenuto tecnologico. «Un esempio virtuoso riguarda le olimpiadi italiane di informatica, dove viene dedicato grande spazio alle partecipanti con attività ad hoc per valorizzare la loro presenza», ha concluso. 

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