Discovery Italia non si ferma per Covid

Oltre 50 nuovi ingressi anche nel 2020, con rigidi protocolli Covid per proseguire senza problemi con le produzioni televisive, una revisione degli uffici di Milano a favore di spazi, isole di co-working, più sale riunioni, e una flessibilità complessiva alla quale, in realtà, erano già abituati nel gruppo televisivo Discovery Italia. Molto interessante indagare una società un po’ fuori dagli schemi classici aziendali, dove lavorano artisti, creativi, giornalisti, tecnici, insieme con figure professionali più tipiche. Ed Elena Santambrogio, vice president People & Culture di Discovery Italia (canali tv Nove, Real Time, Dmax, Giallo, Food network, Home&Garden tv, Motor Trend, Frisbee, K2, Eurosport, Discovery channel) racconta tutte le novità a Linc Magazine.

Quanti sono i dipendenti di Discovery Italia, e quanti sono stati i nuovi ingressi negli ultimi 12 mesi?

Attualmente la nostra popolazione aziendale è composta da circa 230 persone. Nel 2020 abbiamo avuto oltre 50 nuovi ingressi distribuiti fra dipendenti, consulenti, agenti e stagisti.

Quali sono le modalità di selezione del personale e le professionalità più ricercate in questa particolare fase storica?

Il nostro approccio alla ricerca e alla selezione è diretto: abbiamo un team interno di Talent Acquisition a livello internazionale, che include persone dedicate anche in Italia. E utilizziamo tutti i canali per mappare e individuare i migliori talenti in funzione della seniority: dalle università a Linkedin, a segnalazioni dirette o ex collaboratori/stager con cui abbiamo mantenuto contatti anche al termine del contratto. I colloqui, in questa fase, sono ovviamente condotti da remoto, utilizzando prevalentemente videointerviste. Ricorriamo al supporto di società di head hunting per le figure executive, soprattutto per quanto riguarda lo scouting e il check delle referenze. Non sono cambiate le skills tecnico professionali che ricerchiamo, ma, in questo momento particolare, abbiamo dedicato una maggiore attenzione a soft skills e alle modalità di lavoro, prediligendo i candidati capaci di integrarsi più facilmente, sia per competenze, sia per attitudini personali, in un contesto di smart working. Agilità e flessibilità facilitano in questa situazione di “onboarding” forzatamente virtuale. Non si tratta di una rivoluzione epocale per noi: siamo una azienda globale, con una organizzazione diffusa in varie geografie e team che lavorano insieme pur non essendo nello stesso luogo fisico. Lavoriamo in modo interconnesso su progetti e per obiettivi.

E ora come avviene l’onboarding?

La fase di onboarding, che in questo momento avviene completamente da remoto, è piuttosto strutturata e prevede una induction da parte del team People&Culture che introduce la storia del gruppo Discovery, la struttura organizzativa, l’organigramma, i benefit, dando indicazioni di base sulla vita in azienda, e poi prosegue con una declinazione ad hoc per ogni dipartimento ed è realizzata a quattro mani direttamente con la linea di riferimento. Inoltre, per quanto possibile, viene affidata al nuovo ingresso anche una persona di riferimento, un buddy, disponibile per rispondere alle richieste e ai dubbi di qualsiasi tipo che possono emergere durante l’inserimento nella nuova realtà lavorativa.

La pandemia ha comportato una riorganizzazione dei modelli di leadership?

Non è stata necessaria una riorganizzazione dei nostri modelli di leadership. Diversamente da altre realtà, noi siamo sempre stati abituati a lavorare in un contesto veramente globale e molti colleghi hanno membri del proprio team dislocati in città o nazioni diverse. Inoltre, la nostra cultura aziendale non ha mai legato il modello di leadership alla presenza di tutti i membri del proprio team nello stesso luogo, nello stesso momento, per il medesimo numero di ore avendo, anche prima della pandemia, la possibilità di scegliere di lavorare in smart working senza limitazioni.

La produzione televisiva non ha potuto fermarsi per molto tempo. Come avete risposto alla emergenza sanitaria?

La nostra macchina produttiva non si è mai fermata, nel rispetto di tutte le norme disciplinate dai diversi decreti che si sono succeduti nel corso dei mesi. Abbiamo lavorato con i nostri fornitori per stabilire dei protocolli che tutelassero sia il nostro team interno di production, sia tutta la squadra realizzativa e i partecipanti ai programmi. Inoltre è stata nostra responsabilità indagare e verificare che tutte le norme di sicurezza venissero rispettate. Per ogni produzione televisiva anche la nostra RSPP (Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione) ha dovuto effettuare tutte le necessarie verifiche e autorizzare la presenza di un nostro dipendente o consulente sul set, di concerto con un team di Business resilience internazionale dedicato, nel rispetto di una policy internazionale che ci ha imposto di adottare misure ancora più stringenti di quelle previste dalla nostra normativa nazionale e ci ha permesso di continuare a produrre senza inconvenienti.

Passiamo al lavoro di ufficio: come è regolato lo smart working?

Siamo stati fra i primi ad adottare lo smart working tra le nostre modalità lavorative. Abbiamo una policy interna che sostanzialmente non pone limiti alla possibilità di lavorare da remoto, tranne il fatto di farlo in un luogo con una connessione che garantisca la sicurezza dei dati aziendali e del lavoratore, oltre a garantire una performance individuale giudicata positivamente dal proprio manager. Al momento del lancio è stata fatta una formazione circa i comportamenti e le procedure da seguire.

Ma, ad esempio, è previsto il diritto alla disconnessione in determinate fasce orarie?

Diciamo che preferiamo parlare di flessibilità, più che di diritto alla disconnessione. Considerando il fatto che lavoriamo in un’azienda globale, con timezone differenti, la disconnessione in alcune fasce orarie è praticamente impossibile da praticare. Preferiamo lavorare su una cultura che non veda nella risposta immediata una variabile nella valutazione delle performance. Poi in Italia, ad esempio, abbiamo lanciato l’iniziativa di non programmare meeting ogni primo venerdì del mese. In Discovery non c’è alcun tipo di controllo di connessione da parte dei dipendenti a determinati orari: se una persona svolge il proprio lavoro correttamente e raggiunge gli obiettivi fissati, ha la flessibilità di decidere come svolgere la propria attività lavorativa, conciliando senza problemi anche impegni famigliari o personali. Ognuno è responsabile del proprio lavoro e del proprio risultato. Quindi preferiamo parlare di flessibilità, cultura della performance e responsabilità individuale. Non abbiamo mai avuto, per intenderci, né orari rigidi, né cartellini da timbrare.

E’ in atto un restyling delle sedi?

Sì, attualmente stiamo rivedendo gli spazi dei nostri uffici di Milano e verrà superato il concetto del proprio desk a favore di spazi e isole di co-working. Ci saranno più sale riunioni. Cambierà la logica della presenza delle persone in ufficio: non sarà più il luogo in cui le persone si recheranno tutti i giorni, ma il luogo in cui le persone si recheranno quando dovranno lavorare con gli altri. Ci sarà quindi un regime lavorativo misto fra smart working e presenza in ufficio, dove l’ufficio verrà utilizzato per momenti di condivisione o necessità. Possiamo dire che in qualche modo la situazione della pandemia ha accelerato questa nuova filosofia lavorativa che era già nel nostro orizzonte.

Sono cambiati i benefit per i dipendenti dopo l’esplosione del Covid? Avete introdotto servizi di supporto psicologico individuali e di squadra? Esiste uno sportello di contatto per i colleghi che si trovino in difficoltà finanziaria?

Dal punto di vista dei benifit legati alla salute, che è stata quella più impattata dalla pandemia, non è cambiato molto perché avevamo già un pacchetto molto ricco: avevamo e continuiamo ad avere un’assicurazione sanitaria integrativa molto strutturata, con la possibilità di offrire al dipendente anche la telemedicina, quindi un contatto diretto con un medico, che in questo momento in particolare risulta fondamentale, fornendo, quindi, al dipendente il massimo dell’assistenza possibile. Abbiamo, inoltre, sempre avuto a disposizione un’assistenza psicologica, tramite il servizio Optum che mette a disposizione di ciascun dipendente una serie di incontri gratuiti con uno psicologo, ma anche una consulenza dal punto di vista finanziario (vedi problemi economici di famiglia legati ad esempio alla perdita di lavoro/cassa integrazione da parte di un coniuge) o legale. E considerandola una tipologia di supporto alla persona fondamentale, quest’anno abbiamo deciso di estendere il servizio di assistenza psicologica/finanziaria/legale anche alla categoria dei consulenti.

Sono previsti contributi economici mensili welfare e un rimborso per lo “shopping da smart worker professionista” per chi decide di lavorare da casa? Il ticket restaurant resta per chi lavora da casa?

In Discovery abbiamo una piattaforma di welfare che mette a disposizione una scontistica per beni e servizi di prima necessità e i ticket restaurant continuano a essere previsti.

Come ricostruire i momenti chiave di socialità, di diffusione della cultura aziendale, sia virtualmente, sia di persona?

In Discovery a livello globale da qualche anno utilizziamo per la comunicazione interna Workplace, piattaforma di social media aziendale powered by Facebook. Inoltre, sia da un punto di vista globale, sia locale, abbiamo dei meeting plenari a cadenza regolare dove entriamo nel merito di evoluzione dell’azienda e del business, ma anche di cultura, socialità, racconti di esperienze personali, momenti ludici e divertenti per portare le persone a incontrarsi e a passare del tempo insieme. Poi, sempre per quanto riguarda la socialità, incoraggiamo tutti a passare dei momenti al di fuori del contesto puramente di business, magari fissando dei meeting per bere un caffè insieme e parlare anche di tutto ciò che è al di fuori del contesto lavorativo. Sostituendo in qualche modo quello che si faceva prima alla macchinetta del caffè, fondamentale per mantenere delle relazioni che non sono solo legate alla contingenza e al lavoro in sé.

Come si svolge la formazione? Che strumenti si utilizzano? Che accadrà, una volta usciti dalla pandemia?

Per la formazione abbiamo una piattaforma di e-learning globale alla quale è possibile accedere da remoto. Inoltre gli strumenti che utilizziamo sono moltissimi: dai webinar ai training su Zoom, abbiamo delle community su Workplace suddivise per livello, e vari strumenti come i podcast, interviste, spot light di approfondimento su diverse tematiche. Da molto tempo ormai abbiamo investito anche su una formazione virtuale a cui si affiancava la formazione in presenza e in futuro la formazione continuerà ad avere un regime misto: cercheremo di riportare alcuni eventi in presenza, così come molti altri continueranno ad essere proposti da remoto.

Consigli ai genitori che devono conciliare gli impegni familiari e quelli lavorativi in questi momenti di alto stress?

Questo è un ambito in cui la cultura ha giocato un ruolo fondamentale. Da subito abbiamo comunicato apertamente con le nostre persone, invitando tutti a una maggiore consapevolezza delle situazioni private che i colleghi potevano vivere: non necessariamente per la cura di un figlio, ma anche di altri famigliari. Abbiamo costruito su questo terreno comune, soprattutto all’inizio della pandemia, cercando di fornire consigli ai genitori attraverso dei webinar con training molto pratici su come gestire la convivenza con i figli all’interno del contesto lavorativo. E abbiamo anche lanciato corsi (es. Pasta di sale, canto, ecc.) da realizzare con i propri figli a fine giornata lavorativa, prevedendo quindi una tipologia di supporto molto concreta e pratica, mixata con momenti di intrattenimento. Detto questo, vale sempre il tema della flessibilità della modalità di lavoro, già introdotta in precedenza: se una persona ha un impegno famigliare (es. andare a prendere i figli a scuola), non ci saranno mai problemi.

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