Il Covid e le donne, non solo brutte notizie

C’è una ricerca ancora in corso del National Bureau of Economic Research, un’organizzazione no profit statunitense, che prima dà una cattiva notizia, poi infonde un po’ di speranza. La cattiva notizia è che l’emergenza legata al coronavirus rischia di danneggiare in modo particolare l’occupazione femminile. Anche il World Economic Forum  lo conferma. Nonostante siamo nel 2020, sulle spalle delle donne pesano ancora la scuola, i figli e il lavoro domestico. Ma c’è di più: le donne sono in maggioranza nei settori in prima linea di questa emergenza. In effetti, secondo i dati del Ministero della salute, in Italia il 68% degli operatori sanitari colpiti dal Covid-19 sono donne. Il numero è così alto perché sono i due terzi del personale sanitario. Rappresentano anche l’80% del personale alla cassa nei supermercati, il 90% della assistenza domestica e quasi l’82% delle insegnanti. Ma i ricercatori del National Bureau of Economic Research danno anche qualche speranza per il futuro. Scrivono che una crisi di così vasta portata potrebbe avere il potere di cambiare le norme di genere in famiglia e nei luoghi di lavoro, costruendo una società più equa.

Le madri in smart working lavorano il doppio

Nelle recessioni precedenti, i lavori più colpiti erano quelli degli uomini spesso impiegati nell’edilizia e nella produzione: questa crisi è diversa.Un altro fattore che grava sulle donne, ma che poi potrebbe rivelarsi una chiave verso l’equità di genere, sono i bambini. Più di un miliardo di bambini in tutto il mondo sono a casa a causa della chiusura delle scuole che ha creato una richiesta di cura mai vista prima, e che in media ricade sempre sulle madri. Sempre secondo il NBER, in tempi normali le madri che lavorano svolgono circa il 60% dell’assistenza all’infanzia, sono le responsabili principali della crescita dei figli. Se anche durante l’emergenza questi schemi vengono perpetrati, finisce che le madri in smart working si ritroveranno con il doppio del lavoro da svolgere. Sempre le donne in questo periodo di crisi hanno anche maggiori probabilità di trovarsi costrette a lasciare il lavoro, magari perché poco flessibile e difficile da gestire con la cura dei bambini. Per non parlare delle difficoltà che stanno incontrando le madri single, che in Italia sono circa 900 mila.

Uomini più partecipi nella cura dei figli

Ma c’è speranza: questo momento può essere usato come una nuova possibilità. Gli studi suggeriscono che, visto i cambiamenti sociali provocati da questa crisi, c’è spazio per provare a fondare una società diversa. Per esempio, oggi molti uomini stanno lavorando da casa. Per la prima volta si trovano a occuparsi di più dei figli e della vita familiare. Alcuni di loro potrebbero essere i mariti di quelle dottoresse, infermiere, cassiere in prima linea, ed essere diventati in questi mesi i responsabili principali della gestione della famiglia. Inoltre, le aziende che prima del lockdown non avevano mai preso in considerazione orari flessibili e smart working, ora si stanno rendendo conto dei vantaggi di queste modalità diverse di impiego. E si spera che finita l’emergenza vengano portate avanti.

“La crisi sta generando una maggiore partecipazione degli uomini alla cura dei figli”, osservano i ricercatori. “Sulla base degli effetti persistenti di altre emergenze passate, prevediamo che questo spostamento di comportamenti porterà a un aumento della futura partecipazione degli uomini alla cura della famiglia”.

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